Per stessa ammissione di Daria Menozzi e Elisabetta Pandimiglio, il loro Sbagliate presenta la struttura del dibattito d’assemblea sessantottina che durante gli anni Settanta infiammava nelle aule universitarie, nei luoghi di ritrovo studenteschi e nei teatri occupati. Orgogliose figlie di quella protesta legata all’affermazione dell’identità femminile, le due registe ci offrono l’occasione di assistere alla tavola rotonda di un gruppo di donne sulla scelta condivisa di non essere madri.
Non siamo più abituati a vedere sullo schermo un confronto tanto sincero e costruttivo su un argomento così delicato, tant’è che sale parecchio sconforto se pensiamo al corrispettivo contemporaneo di uno scambio di opinioni come questo: le ore di pollaio sterile dei talk show televisivi. Forse è meglio così. Meglio che un tema così importante venga affrontato con un documentario piuttosto che vederlo mortificato sulle reti nazionali da politici e opinionisti di turno che ciancerebbero di atto provocatorio fine a se stesso.
Sbagliate è uno dei film più interessanti proiettati quest’anno al Biografilm. Attraverso le loro storie ed esperienze le protagoniste dipingono il lucido affresco di un Paese che come sempre fa una gran fatica a scrollarsi di dosso schematismi e convenzioni sociali, un perenne “gabbiano ipotetico”, per dirlo con le parole di Gaber, che non ha mai il coraggio di desiderare un reale cambiamento, uno slancio concreto verso il futuro e spiccare il volo.
Il titolo vale infatti sia da aggettivo (donne sbagliate) che da imperativo (donne, sbagliate!), in entrambi i casi è un bigottismo fattosi sistema a parlare, prima giudicando e poi spronando all’omologazione. Quella stessa conformità di pensiero che nelle parole di una delle protagoniste in certi casi può assumere la valenza di cultura di massa, come nei menzionati cartoni animati della Disney che “da piccoli abbiamo visto troppe volte” facendoci crescere con una visione distorta della realtà.
Sbagliate è un film divertente, toccante, che apre il dibattito, e magari è pure femminista ma non è quello che volgarmente verrebbe definito un film “da donne” (che non esiste come categoria, l’abbiamo inventata noi maschietti). Possono (e dovrebbero) vederlo tutti. E chi scrive spera vivamente di vederne altri di film come questo, magari dalle stesse Menozzi e Pandimiglio, sui tanti argomenti che ancora oggi infiammano gli animi e portano le persone a discutere e confrontarsi.