Una donna ha perso ormai le attenzioni del marito che la considera una cosa scontata preferendole il lavoro. È allora che un seduttore senza scrupoli fiuta la preda e inizia la sua opera di tentazione per ottenere le grazie della donna…

In un contesto fortemente influenzato dalla morale americana e dall’impossibilità di accettare la fine di un rapporto matrimoniale, ecco giungere un punto di rottura proveniente da fuori, dall’Europa in cui Blind Husbands (Mariti ciechi, 1919) è ambientato. Da una parte abbiamo la morale puritana, dall’altra quella più libertina proveniente da fuori e che sta mettendo a rischio le basi della prima. Il personaggio interpretato da von Stroheim rappresenta proprio l’altra morale, quella che negli Stati Uniti cercano disperatamente di osteggiare. Il suo modo di essere non può quindi che risultare odioso e detestabile, esattamente l’opposto del marito che, invece, è un uomo rigoroso e, sul finale, anche estremamente amorevole.

Mai durante il film siamo indotti a parteggiare per l’istigatore al tradimento e siamo sapientemente portati a sperare nel mancato consumo dello stesso. Per farlo, von Stroheim – qui alla sua prima e straordinaria prova come regista – costruisce tutta la tensione sul tentativo di comprendere se il tradimento sia avvenuto o meno. Esattamente come il marito, anche lo spettatore ignora fino all’ultimo momento cosa sia realmente successo nella notte tra la donna e l’amante. Il fatto che in gioco ci sia ben più dell’onore del marito è lasciato presagire poi dal finale, forse eccessivamente punitivo, in cui il tentatore trova quasi ingiustamente la morte come pegno delle sue provocazioni e depravazioni. La coppia, finalmente ritrovata, viene invece gratificata proprio grazie alla virtù della giovane che ha saputo sopportare senza peccare.

Portare avanti una vicenda su temi tanto forti, ma allo stesso tempo sfuggevoli, non è facile e von Stroheim mostra fin da subito di essere in grado di gestire i propri film con dedizione e pugno di ferro. Ogni aspetto è curato in maniera maniacale a partire dalla costruzione dei personaggi, che emergono nonostante le vicende potrebbero renderli maschere macchiettistiche, e della fotografia. La composizione delle scene è deliziosa: ci sono delle trovate davvero ben riuscite e di estrema difficoltà realizzativa, poi diventate iconiche. La scena dello specchio in cui la donna vede realizzarsi la sua tristezza di moglie ignorata in sogni di felicità è resa in maniera incredibile così come indimenticabile è il faccione di von Stroheim che emerge dagli incubi della giovane.

Per questa edizione del Cinema Ritrovato Blind Husbands ha trovato finalmente la sua dimensione ideale attraverso un incredibile lavoro di restauro operato dall’Österreichische Filmmuseum in collaborazione con ZDF/ARTE partendo da copie conservate dalla cineteca austrica e dal MoMA. Grazie ai documenti originali ritrovati presso la Universal si è potuto montare il film affinché fosse il più vicino possibile a come il regista lo aveva realizzato originariamente. In un film dove tutto è costruito sul ritmo e sulla crescita della tensione questo è assolutamente fondamentale! Ancora una volta possiamo quindi godere di un classico ritrovato e restaurato.