2016, Usa, New York, Fox News: alcune giornaliste trovano il coraggio e la forza di denunciare il magnate del colosso informativo americano Roger Ailes per molestie sessuali. Questo il cuore di Bombshell di Jay Roach, che in Italia, causa Covid 19, ha saltato la distribuzione in sala per approdare direttamente sulla piattaforma Prime Video col sottotitolo italiano La voce dello scandalo. Roach ci fa entrare dentro al grande e potente network televisivo filo conservatore a partire dalle primarie repubblicane del 2015. Il caso Weinsten deve ancora venire, il movimento #metoo pure. Le giornaliste devono essere belle, magre e truccate alla perfezione, devono fare una passerella prima di essere assunte e devono indossare la gonna sedendosi dietro scrivanie trasparenti. E per avanzare di carriera devono sottostare a ricatti sessuali più o meno espliciti. Sono però libere di scegliere una loro linea editoriale, di fare domande scomode ai candidati presidenziali o di dire di no ad una vasta gamma di avance, così come i vertici dell’azienda sono liberi di licenziarle.

Il regista sceglie di raccontare la storia di queste giornaliste piuttosto che quella di Roger Ailes - a cui è invece stata dedicata l’avvincente serie tv The Loudest Voice, diretta da Kari Skogland e Stephen Frears, con Russel Crowe nei panni dello stesso Ailes - sottolineando il loro coraggio e la loro difficoltà nel tentativo di infrangere le regole di un mondo, non solo lavorativo, che inizia a mostrare le sue crepe. Nicole Kidman interpreta Gretchen Carlson, un’affermata giornalista vittima di molestie che, dopo essere stata de-mansionata e poi licenziata per alcune scelte editoriali non gradite, raccoglie prove e si rivolge ad uno studio di avvocati per intentare causa al suo capo, Roger Ailes.

Charlize Theron - seppellita sotto un pesante trucco di scena che la rende irriconoscibile ma identica al personaggio originale - è Megyn Kelly, famosa giornalista della Fox che, dopo un linciaggio mediatico da parte di Trump e la mancata difesa da parte della sua azienda, comincia a meditare sulla sua condizione lavorativa e su quella delle colleghe. Margot Robbie è Kayla Pospisil - unico personaggio di invenzione - giovane aspirante giornalista che si affaccia al mondo Fox con entusiasmo ma che presto si ritrova invischiata, come le altre sue colleghe, in logiche e meccanismi soffocanti.

Jay Roach, come aveva già fatto anche nel precedente L’ultima parola. La vera storia di Dalton Trumbo, cerca di indagare dentro i chiaroscuri della vicenda realmente accaduta, cerca di far emergere i dubbi, le sfumature, le contraddizioni, aiutato in questo anche dall’ottima scrittura di Charles Randolph, premio Oscar per la sceneggiatura di La grande scommessa di Adam McKay.

Pur tenendo il punto fermo sulla condanna a Roger Ailes e al suo mondo, Roach evita un approccio manicheista e si addentra nella complessità della storia, inquadrando con cura l’ambiente giornalistico conservatore e le sue innovazioni mediatiche ma anche i timori e lo smarrimento delle giornaliste che mai prima di allora avevano fatto sentire la propria voce. Il regista immerge lo spettatore in questo clima spietato grazie a un ritmo narrativo nervoso e incalzante, che rende bene sia i tempi sincopati del giornalismo televisivo che quelli inarrestabili che portarono allo scoppio dello scandalo dentro alla Fox.

C’è una scena molto efficace che riprende insieme le tre protagoniste dentro ad un ascensore: Megyn, Gretchen e Kayala sono fisicamente vicine ma emotivamente isolate da una rivalità che le tiene lontane l’una dall’altra. Una sta per essere licenziata, una sta per essere promossa mentre una terza sta mettendo a fuoco il meccanismo perverso che si innesca fra i due estremi. Ognuna di loro procede in silenziosa sofferenza e totale mancanza di condivisione e solidarietà. Ma tante altre scene rendono bene la complessità con cui Roach si accosta alla vicenda.

Vediamo Megyn Kelly che in un dialogo con il marito si chiede se schierarsi contro Ailes sia un tradimento o un atto dovuto. Un tradimento verso l’uomo geniale, capace e generoso, che l’ha fatta crescere professionalmente e lanciata nel mondo televisivo. Un atto dovuto verso un superiore che l’ha ricattata per ottenere favori sessuali in cambio di una fulgida carriera televisiva e che l’ha lasciata sola nello scontro con il futuro presidente Trump. Vediamo una Gretchen Carlson di mezza età, che decide di andare in diretta completamente struccata e si ritrova sola, derisa, criticata e abbandonata non solo dai superiori ma anche dall’aiutante Kayla che sta intravedendo possibilità di carriera a qualche piano più in alto. Vediamo la stessa Kayla Pospisil che si ritrova nell’ufficio di Roger Ailes, costretta a dover alzare la gonna, sempre più su, fino ad arrivare alle mutande e - qualche incarico dopo - anche oltre.

La narrazione segue poi i fatti realmente accaduti: le denunce da parte di diverse giornaliste e la condanna dei molestatori. “Le donne che rischiarono la carriera per aver denunciato Ailes - chiosa Roach - furono le prime a far destituire una figura pubblica di quel calibro. Ma non le ultime”. Sui titoli di coda il regista ci ricorda però che Roger Ailes e il collega Bill O’Reilly furono allontani dalla Fox con una buonuscita di 65 milioni di dollari mentre alle vittime ne furono riconosciuti per danni solo 50. Un ulteriore chiaroscuro su cui meditare.