Cadaveri eccellenti (1976), tratto dal romanzo breve Il contesto (1971) di Leonardo Sciascia, costituisce un importante capitolo nella riflessione cinematografica sul Potere, una costante nell’opera di Francesco Rosi, ma illumina anche il potere delle convenzioni di genere nel cinema italiano degli anni '70. Trasponendo fedelmente la “sotie” di Sciascia (una parodia, come lo stesso scrittore definiva il suo romanzo), Rosi mostra il saldarsi del Potere dello Stato con quello delle sue componenti deviate e antidemocratiche (capaci di affascinare anche il Partito Comunista all’opposizione) sempre al lavoro per delegittimare le istituzioni e trovare un capro espiatorio nelle frange dell’estrema sinistra per le proprie ambizioni golpiste.

A differenza di quello che farà Petri nello stesso anno con Todo Modo, Rosi e i suoi sceneggiatori mantengono pressoché invariati i personaggi e i dialoghi di Sciascia, ma situano esplicitamente la ricerca dell’ispettore Rogas del killer che sta uccidendo giudici eccellenti, ma corrotti, nell’Italia degli anni '70 e della strategia della tensione. L’ambientazione di Sciascia era lasciata indefinita, in modo da fare della narrazione un apologo metaforico.

Rosi sente, invece, il bisogno della materialità della Storia e di tradurla in referenti concreti per le immagini, che, secondo la definizione del regista, “vivono soprattutto di realtà e non di metafora”. Tuttavia, pur identificando esplicitamente l’Italia, con le sue uniformi, sigle militari, partiti politici collusi, non vengono nominate esplicitamente le città in cui si svolge l’azione. Queste vengono frammentate attraverso una supposta contiguità spaziale che lo spettatore è invitato a decostruire: per esempio, l’omicidio del Procuratore Varga si svolge a Palermo all’uscita da una chiesa, mentre il suo corteo funebre scorre in una piazza napoletana.

Fin dalla scena iniziale della passeggiata del procuratore Varga all’interno delle Catacombe dei Cappuccini di Palermo prima del suo omicidio, una delle poche aggiunte rispetto alla narrazione di Sciascia, Cadaveri eccellenti mantiene anche una forte connotazione metaforica, ripresa anche nel manifesto creato per film da Enrico Baj e tradotta formalmente con l’insistito uso del grandangolo a significare la piccolezza dei personaggi nei confronti delle trame del Potere. La scena iniziale, con l’insistere della macchina da presa sui teschi e sulle ossa dei cadaveri e con l’uccisione di un attore come Charles Vanel, icona del genere poliziesco, serve anche come metafora sull’evoluzione dei generi cinematografici con l’ibridazione in chiave horror della detective story.

La stessa presenza di un’altra e più riconoscibile icona del genere, Lino Ventura, che interpreta efficacemente in italiano il detective Rogas, richiama ancora più esplicitamente una dimensione classica che va a scontrarsi con i ritmi e situazioni del poliziottesco in voga in quegli anni. Significativamente, il poster di Baj sarà affiancato da uno più esplicito nell’identificazione del genere in cui un Lino Ventura disegnato in impermeabile beige da ispettore sovrasta un cadavere, mentre alle sue spalle, una foto quasi giornalistica in bianco e nero, ritrae poliziotti che arrestano un barbuto militante.

Come l’inizio, anche la scena finale evoca un senso di morte, aggiungendo due elementi fondamentali rispetto alla narrazione di Sciascia. Quella che ne Il contesto è un ritratto giovanile del leader del partito di opposizione appena ucciso, “dipinto da uno dei più prestigiosi artisti che militassero nel Partito”, nel film di Rosi diventa, invece, un’opera ben identificabile nell’iconografia comunista: I funerali di Togliatti (1972) di Guttuso. La frase pronunciata dal funzionario del PCI, “La verità non è sempre rivoluzionaria”, con la macchina sul dettaglio del quadro che ritrae Berlinguer, fa arrivare il film ad un senso di sconfitta degli ideali e di vittoria del complotto, spesso evocato anche dal genere poliziottesco.