Carita de cielo è un piccolo gioiellino del cinema messicano, diretto nel 1947 da Jose Diaz Morales, affronta le vicende di Lupe (Maria Elena Marqués), bella e giovane donna, figlia di un abbiente medico che si infiltra nel mondo del crimine per sventare un possibile attentato  del quale potrebbe essere vittima il padre. Viene però sorpresa a rubare, portata in centrale di polizia e messa al servizio di uno scienziato che pensa che i delinquenti siano riconoscibili dal patrimonio genetico (Antonio Badú).

L’intera vicenda si muove intorno alle pulsioni e all’attrazione reciproca tra i due, ma c’è un problema: lo scienziato inizialmente la disprezza a causa della sua (presunta) differenza di estrazione sociale e delle sue ottuse convinzioni. Man mano che la narrazione va avanti le pulsioni non possono più essere tenute a bada e, dopo una sbornia chiarificatrice si rende conto di amare alla follia una donna che credeva essere ladra. Nel momento in cui scoprirà il suo animo nobile (come d’altronde la sua estrazione sociale) sarà afflitto dalla disperazione di aver buttato al vento la possibilità di essere felice, ma il lieto fine lo attende dietro l’angolo.

Una commedia  frizzante, che trova la sua forza nella dinamicità del ritmo e nella brillantezza e attualità del linguaggio sfrontato e colorato utilizzato da Lupe e da Chilaquiles, suo compare, finto ladro. I personaggi appartenenti alla strada sono più sereni e spensierati rispetto allo scienziato, persona troppo seria per potersi permettere anche solo un ballo, ma anche triste e sola, non completamente capace di provare felicità.

Carita de cielo (Viso d’angelo) è una singolare commedia degli equivoci che si propone soprattutto di sfruttare il successo riscosso della protagonista in Doña Bárbara (Fernando de Fuentes, 1943). Anche se la commedia girata da José Díaz Morales è a tratti assurda, il cast la eleva a rango di classico della sua epoca. Fernando Soto ‘Mantequilla’, in un ruolo che talvolta ricorda il grande Cantinflas, conferma scena dopo scena di essere uno dei grandi caratteristi del cinema messicano”.

Molto importante inoltre è la componente musicale, nei suoi momenti canori ad introdurre Città del Messico o nel lamento amoroso di Antonio Badú, ma anche nelle danze della bellissima ballerina cubana Ninón Sevilla e “la prima apparizione sul grande schermo di Benny Moré, leggenda della musica caraibica”.