Architettura visiva di emozioni, corpi e immagini che si rincorrono e si rispecchiano per evocare la bellezza delle anime, Chiamami col tuo nome affida al ritmo incalzante ed armonico di un magico idillio la sensualità primordiale del primo amore. L’atmosfera dell’estate, con i suoi sapori, colori, odori, “da qualche parte nel nord Italia”, mette in scena l’aurora della vita, giunta a risvegliare i sensi di un adolescente. Immersa in un contesto di panica bellezza, la storia racconta la nascita di un desiderio che i due personaggi non esprimono tramite parole e azioni ma divenendo, l’uno nell’altro e l’uno per l’altro, specchio ed effige del sentimento.

Proprio per questo Chiamami col tuo nome non è solo il racconto romantico di un innamoramento. La potenza lirica delle immagini esalta la sublimazione catartica del turbamento che attraversa la giovinezza: ascesa all’estasi del piacere e comprensione del distacco nella malinconia del ricordo. L’idea scolpita dalla successione delle inquadrature è una declinazione contemporaneamente carnale e poetica dell’eros in cui il desiderio comunica un altrove metafisico dei corpi, regolato dalla mappa dei cinque sensi. L’istinto, quanto l’affetto, è raffigurato con aderenza costante alle movenze naturali delle mani, degli arti, dei volti, senza ricostruire la vita interiore dei due giovani ma giungendo ad essa attraverso le sfere esistenziali che li circondano. Siano esse i libri, la natura, la musica, i pensieri dei poeti e dei filosofi, tutte le atmosfere ricreate sono utilizzate per approdare a un’interiorità fisica, corporea, in cui i personaggi incarnino, non rappresentino, la verità di se stessi. I giovani protagonisti vivono il sentimento con una conflittualità che continuamente attrae e respinge l’altro. Un dialogo intenso di gesti e di sguardi, misurato sulla distanza e sul mistero della reciproca seduzione, genera un percorso emotivo ad ostacoli che scolpisce l’universalità, e insieme, l’unicità del legame affettivo.

Luca Guadagnino dichiara Chiamami col tuo nome un omaggio ai padri della sua vita, il suo vero padre e i suoi padri cinematografici: Renoir, Rivette, Rohmer, Bertolucci. Abita in questo sguardo personale il valore più intenso dell’estetica e dell’etica del film, che affronta un rapporto con il passato sia sul piano formale che su quello dei contenuti. I resti degli antichi bronzi rinvenuti sul fondo del lago, frammenti di una bellezza perduta e ritrovata, provocano lo stupore e la fascinazione negli occhi dei due giovani. Così il cinema del passato si riflette nelle immagini del presente tramite la rielaborazione estetica e la rivisitazione delle forme. La bellezza classica non resta sepolta dal tempo della storia ma rivive attraverso la contemplazione visiva e intellettuale e permette di realizzare un cinema contaminato dai modelli ma contemporaneamente nuovo, libero e aperto alle forme della modernità. Lo stesso avviene sul piano dei contenuti, poichè Chiamami col tuo nome, con l’ausilio di una fiaba utopica, restituisce, reinventa e riscrive la bellezza del passato completandola con una presenza di cui anche allora si aveva bisogno: la famiglia, come luogo ideale in cui i genitori trasmettono ai figli la conoscenza delle emozioni. Il padre educa il figlio alla comprensione di un amore che innesca un percorso interiore senza condurre ad una reciproca appartenenza: lo scambio del nome è simbolo di una compenetrazione affettiva che esclude il possesso.

Dal magma intellettuale di un’operazione complessa e sofisticata, che dialoga con i modelli e utilizza il passato per suggerire una riflessione sulla contemporaneità, emerge un film che ha anche la capacità di emozionare il pubblico. Guidando il flusso della storia in una partitura emozionale e consegnandolo al pathos del primo piano finale, Chiamami col tuo nome realizza una pienezza etica e formale all’interno di un’estetica spettacolare.