Un operaio della cultura: è così che di definisce Med Hondo, regista mauritano riscoperto grazie al lavoro del professor Aboubakar Sanogo e dell’African Film Heritage Project, ambizioso progetto della Film Foundation di Martin Scorsese in collaborazione con FEPACI e UNESCO. Il Cinema Ritrovato ha deciso di dedicare ampio spazio alla sezione, il cui protagonista indiscusso è sicuramente Hondo. Il regista, infatti, ci regala uno sguardo nuovo sul mondo: quello del popolo africano in occidente.

Med Hondo, classe 1936, nasce in Mauritania, nella regione di Atar. Si sposta in Francia poco più che ventenne, spinto dal desiderio di una vita migliore, pieno di tutti quei sogni che il mondo occidentale ha instillato nei giovani africani nel corso del Novecento.

Ben presto vive sulla propria pelle il caro prezzo dell’emigrazione, fatto di razzismo, politiche di assimilazione ed emarginazione. Sono proprio questi gli elementi che influenzano il suo modo di fare cinema, un cinema di denuncia che, senza indorare la pillola, rappresenta il mondo dal punto di vista dei migranti.

Quello di Hondo non è infatti un cinema romanzato, di quelli che raccontano storie impacchettate per renderle più appetibili al pubblico. Non è il cinema hollywoodiano mainstream, verso il quale Hondo è profondamente critico, ritenendolo assoggettato al capitalismo e al potere del denaro. Proprio per questa ragione il regista mauritano ha sempre rifiutato grandi produzioni, cercando di procurarsi da sé i mezzi per poter realizzare i propri film, che dovevano necessariamente essere veri, senza censura né controllo di alcun tipo: "Tutti i miei film sono liberi. […] Non faccio cinema per l’intrattenimento. Tutta la mia vita è stata una lotta per la libertà, la mia libertà!".

Hondo rappresenta la verità del popolo africano, da sempre assente sullo schermo: l’unico sguardo possibile, nella letteratura e nel cinema d’occidente, è quello degli europei colonizzatori, portatori  del white men’s burden, cioè del dovere di esportare tra i selvaggi il proprio modello di civilizzazione e, in epoche più recenti, di integrare ogni straniero attraverso l’assimilazione, costringendoli rinnegare le proprie origini.

I film di Hondo, realizzati con budget minimi e attori quasi sempre volontari, nascono proprio per raccontare l’Africa e condividere con gli altri l’emigrazione, in totale rifiuto all’individualismo francese che il regista dice di aver trovato a Parigi. Il cinema è condivisione, non l’auto celebrazione di uomini che producono opere incomprensibili ai più o che confezionano prodotti a regola d’arte solo per per vendere di più. È forte il suo impegno verso il popolo: il cinema è per lui uno strumento di cultura, e un popolo acculturato è un popolo consapevole e in grado di decidere delle proprie sorti.

Nel suo primo film del 1970, Soleil Ô, Hondo si focalizza in particolare sulla questione del lavoro e sulla contraddizione intrinseca del mondo occidentale: gli africani sono invitati ad emigrare con la promessa di una vita florida e dignitosa, ma in realtà fungono nient’altro che da manodopera per l’industria e da carburante per il capitalismo. La denuncia dello sfruttamento continua in West Indies (1979), un vero e proprio viaggio musicato e coreografato in 400 anni di storia - dalle prime colonizzazioni all’epoca moderna - che mostra i parallelismi tra la migrazione forzata sulla tratta degli schiavi e le migrazioni contemporanee. Il set è unico, ed è quello di una nave negriera, come a voler rappresentare il rapporto senza fine tra bianco oppressore e nero oppresso: una storia ciclica, che si ripete da secoli,  il cui corso potrà cambiare solo quando il popolo sarà realmente istruito e consapevole.

Med Hondo ha provato, con i suoi film, a contribuire a tale cambiamento, narrando una nuova verità della quale tutti potessero fruire. Nonostante le censure subite in passato, le sue pellicole hanno preso nuovamente vita grazie ai lavori di restauro della Cineteca di Bologna e dell’African Film Heritage Project e hanno ricevuto il rispetto che meritano proprio durante il festival, provocando la commovente reazione del regista stesso, che non è riuscito a contenere le lacrime  prima delle proiezioni in sala.

Per il futuro ci si può solo auspicare che più pubblico possibile veda film come Soleil Ô e West Indies, così che Hondo possa finalmente sentire di aver raggiunto il proprio obiettivo: condividere la propria vita con gli altri.