Alla fine del 1920, dopo Lo sciocco (primo film che vede Keaton separato dalla comicità più volgare di Roscoe Fatty Artbuckle) e una serie di fortunati e rinomati cortometraggi, I vicini è l’ultimo tra i cortometraggi girati quell’anno di cui Buster Keaton è sceneggiatore, regista e protagonista. Chiamato all’epoca (in Italia) “Saltarello" in questo cortometraggio riaffiorano alcuni suoi elementi caratteristici “dall’articolazione narrativa basata sull’equivoco” ad una serie di inseguimenti e capriole fortemente dinamici e omogenei.

Keaton è innamorato della sua vicina e la vuole sposare, ma le loro famiglie si odiano. Così sono continuamente separati da una palizzata che divide i cortili e che viene sfruttata (insieme alla corda per il bucato) per la creazione di un ritmo travolgente che lega la storia, e i suoi equivoci, alle continue gag. Il “caso” in questo film è sovrano e diventa parte integrante della narrazione che porta la vicenda al suo casuale lieto fine.

“Per il restauro di I vicini sono stati ispezionati e analizzati nove elementi, sette dei quali […] sono stati scansionati e comparati. Due elementi sono stati infine selezionati per la ricostruzione […]”, proiettata dopo il restauro digitale con l’accompagnamento al pianoforte di Gabriel Thibaudeau.

Successivamente è stato mostrato anche Il capro espiatorio, per il cui restauro sono stati “ispezionati e analizzati dodici elementi […]. Per la sua ricostruzione sono stati utilizzati due controtipi negativi, entrambi di seconda generazione, […]”. Un film più maturo, del 1921, che vede la realizzazione di gag più elaborate ed omogenee e legate tra loro da una trama più articolata: “una autentica cascata di gag legate tra loro senza alcuna gratuità” (Marcel Oms).

Keaton, questa volta, è preso di mira perché è stato casualmente fotografato al posto di un pericoloso detenuto che coglie l’opportunità ed evade. A quel punto la faccia di Keaton appare su tutti i quotidiani di due paesi vicini e lui diventa il bersaglio dei poliziotti (che tanto ricordano quelli di Poliziotti del 1922) e di chi vuole conquistare la taglia posta sulla sua testa. Tutto il film lo vede protagonista di un costante inseguimento, ovviamente caratterizzato dall’immancabile lieto fine.

Molto famosa è la sequenza in cui Keaton fugge su un treno che, dopo aver staccato tutte le carrozze che lo componevano, da lontano, si avvicina all’obiettivo fino a fermarsi. Buster, l’unico passeggero, dallo sguardo sornione, appare comodamente seduto sul corrimano (frontale) della locomotiva intento poi, ad accendersi una sigaretta prima di ricominciare la sua corsa.

“L’interpretazione non è l’unico problema della comicità, c’è anche quello della creazione e della messa in scena. Il comico va di corsa: occorre raggiungere l’effetto al momento dovuto, lasciare poi al pubblico il tempo di riprendersi, per poi spingere a fondo o continuare in progressione a seconda dei casi. […] Questo ritmo è una scienza […]” (Buster Keaton in Anthologie du cinéma).