Io e il ciclone (1928) fa parte della sezione dedicata al Progetto Keaton di quest’anno. Proiettato in Piazza Maggiore con l’accompagnamento dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna che ha eseguito le musiche composte e dirette da Timothy Brock.

Buster è in questo film Billy Jr. figlio di Steamboat Bill, proprietario di un battello fluviale sgangherato. Bill ha un grande rivale il ricco King: proprietario di un nuovissimo battello. Billy Jr., finiti gli studi, lascia il college e la città per andare a trovare il padre che non vede da quando era piccolo. Non appena i due si incontrano iniziano i problemi e l’equilibrio precario degli abitanti del paese è messo a repentaglio. Il grosso e forzuto Bill trova dinnanzi a sé un gracile ragazzo vestito in maniera buffa, con i baffetti, una grande valigia che fatica a portare e un ukulele. Da una parte il padre cerca, per tutto il film, di trasformarlo e renderlo più simile a sé. Dall’altra parte Billy Jr. cerca disperatamente di conformarsi agli ideali paterni, esasperandoli (come è tipico dei personaggi di Keaton) finendo evidentemente per deludere in continuazione il padre.

Keaton piomba in una situazione che lo costringe al principio alla passività e dove l’equivoco (un suo tema base) diventa il motivo che fa scatenare l’azione. È anche un film sul riscatto del piccolo uomo che, scontrandosi con un terrificante ciclone che incombe sul paese, diventa l’eroe della situazione: prendendo letteralmente le redini del vecchio battello e della sua vita. Arricchito da gag, indimenticabili nel tempo, e da spericolate acrobazie è stato uno dei maggiori successi di Keaton.

Come ha ricordato Cecilia Cenciarelli nella sua introduzione: “Il padre di Keaton diceva spesso che era così esuberante perché era stato raccolto da un tornado. L’intero set doveva essere distrutto da un ciclone e per questo furono usati enormi e potentissimi ventilatori. La facciata della casa (che pesava più di mezza tonnellata) doveva cadere su Keaton che aveva circa cinque centimetri per non essere schiacciato. La leggenda racconta che nessuno tra le maestranze e gli attori riuscì a guardare questa scena ad occhi aperti”.

Keaton amò profondamente il suo lavoro e in un qualche modo pensava anche al pubblico che tutt’ora ride proprio perché è privato della capacità razionale di prevedere le sue azioni. Così facendo è riuscito a restare nella memoria che, di generazione in generazione, lo riesce ad acclamare anche negli anni dove la comunicazione è a volte troppa e superflua.