Buster Keaton una volta disse: "Quando facevamo cinema, noi mangiavamo, dormivamo e sognavamo cinema". Una passione ben visibile e convinta per la settima arte che trova il suo apice in forse una delle più celebri e celebrate opere del comico statunitense, Io...e il ciclone, che però rappresenta anche l’inizio del suo inesorabile ed inevitabile declino, essendo l’ultima pellicola prima di firmare un contratto con la major Metro-Goldwyn-Mayer, che avrebbe, da quel momento, fortemente limitato la sua fino a quel momento indiscussa libertà artistica.
La pellicola si presenta, per una buona parte della sua durata, come un film comico muto non troppo differente da molte altre opere di quell’epoca, con non troppe acrobazie e con una comicità soprattutto verbale, fondata sulle battute che appaiono scritte sullo schermo in seguito alla goffaggine ed all’inettitudine del povero protagonista. Ma la pellicola è conosciuta e studiata soprattutto per la sorprendente seconda parte, ormai dappertutto ripresa, studiata e miticizzata. Alla comicità classica della prima metà del film si sostituisce, infatti, una comicità prevalentemente fisica, tipica di Keaton, che diventa vero e proprio virtuosismo una volta giunti alle scene dell’uragano. Con scene ormai entrate nella storia del cinema, Keaton ci fa serrare gli occhi per l’ansia e per la paura quando evita per un soffio di essere schiacciato da una facciata di oltre mezza tonnellata, trovandosi in corrispondenza con l’unica finestra, ci stupisce con le sue acrobazie e ci appassiona con la sua strabiliante agilità.
In questo sprezzo del pericolo, in questo sacrificio di sé stesso per il divertimento altrui, Keaton ci dimostra la passione per la sua professione, la sua passione per il cinema e per l’arte, facendo riferimento, più che ai comici suoi contemporanei, ai saltimbanchi ed artisti di strada di un’altra epoca, ai mangiatori di fuoco e di spade che troppo spesso mettevano in pericolo loro stessi per allietare le giornate di bambini e adulti. E così questo film, come d’altronde la maggior parte delle opere di Keaton, è prezioso per la sua artigianalità, per gli effetti così complicati e strabilianti che oggi sarebbero di certo ricreati al computer, ma che allora riuscirono ad essere ottenuti grazie alla fatica di quegli appassionati che mangiavano, dormivano, sognavano ma anche vivevano cinema, mossi dal desiderio unico non di arricchire sé stessi, bensì gli altri, offrendo loro spettacoli mai visti e meravigliosi, difficili da dimenticare.
E così in fondo apre il cuore trovarsi in Piazza Maggiore, guardare le incredibili acrobazie di Buster e sentire il pubblico intorno a te ridere e stupirsi, a testimonianza del fatto che Keaton seppe rendere la sua passione, il suo metodo di altri tempi, la sua fisicità così irresistibilmente comica, immortale.