Quest’anno il Progetto Keaton ha, grazie ad accuratissime ricerche, deciso di mostrare al pubblico la seconda vita di Buster dopo l’avvento del sonoro che lo aveva eclissato. Così lo si ritrova, un po’ invecchiato, al suo esordio in televisione in cui torna finalmente ad essere un attore. Nel dicembre del 1949 è ospite del programma televisivo americano Ed Winn Show, in voga a quei tempi, dove il presentatore e Buster ricostruiscono il primo sketch fatto nel 1917 con Roscoe Fatty Artbuckle.

Da questo primo approdo sul piccolo schermo Keaton diventò sempre più presente e nel 1950 venne prodotto il The Buster Keaton Show, suddiviso in diciotto puntate. Una di queste è stata mostrata al pubblico del festival. Un episodio che lo vede reinterpretare il suo classico personaggio su un mezzo diverso.

Keaton come sempre, cerca di fare del suo meglio nel negozio in cui lavora, ma tra una gag e l’altra finisce perseguitato dalla polizia. Fu uno show di successo, “ma solo sulla West Coast, dove piano piano arrivò ad essere il miglior programma comico”. Come scrive Cecilia Cenciarelli sul catalogo del festival, “nel selezionare questo breve programma abbiamo scelto di non mostrare le molte apparizioni in cui veniva chiesto a Keaton di ‘rifare Keaton’, ma di privilegiare casi in cui il suo talento emerge ancora forte e chiaro”.

Così è stato mostrato l’episodio The Awekening, praticamente sconosciuto, della serie televisiva antologica Douglas Fairbanks Jr. Presents: The Rheingold Theatre, dove Keaton interpreta per la prima volta un personaggio intensamente drammatico (tratto da Il cappotto di Gogol’). Come sempre però non punta alla lacrima facile, che finisce presto nel dimenticatoio. Questa volta offre il suo leggendario volto e la sua voce baritonale ad un personaggio caratterizzato da molta rabbia perché “nessuno lo ascolta e a nessuno interessa di lui”.

Keaton è un anziano burocrate alienato che vive in un regime totalitario e deve far riparare il suo cappotto ormai logoro. È questo il nucleo da cui partono la storia e il successivo sogno premonitore di ciò che potrebbe succedere se lui comprasse un nuovo cappotto. Un film che prende una posizione politica molto forte, infatti egli vuole uccidere il grande Capo e con lui tutta la sua “macchina”.

Fu realizzato “quando negli ambienti del cinema e della televisione molti finirono sulle liste nere per aver espresso idee politiche giudicate poco ortodosse. Era raro che un produttore affrontasse una tematica così politica in quei tempi incerti, quando le liste nere erano all’ordine del giorno” (Dan Lybarger, “The Keaton Chronicle”,1996).