Si potrebbe parlare per ore di quanto spesso i titolisti italiani si ingannino e ci ingannino; tenetelo a mente se avrete occasione di riscoprire Out of the Past, 1947, seminale noir di Jacques Tourneur. Out of the Past, non Le Catene della Colpa, titolo che a parte l'enfasi pedestre travisa completamente il senso di questo ed altri film del maestro francese proprio nella sua enunciazione più limpida.

"Out of the Past" ha in inglese la doppia accezione di "fuori (via) dal passato" e di qualcosa "che viene (o torna) dal passato"; non c'è modo migliore per riassumere una poetica del nascondersi e dell'incontro che corre lungo tutta la sterminata produzione di Tourneur; la colpa non c'entra niente: il tipico eroe tourneuriano è l'innocente in disperata ed inutile fuga da un male che lo insegue oltre tutti i confini, attraverso i secoli e gli oceani, per poi scovarlo e costringerlo al confronto. Anche quando riconosce l'oscurità dentro di sé, quando si scopre "cattivo", rimane un puro, travolto suo malgrado dalla propria natura.

Solo una volta ogni tanto l'eroe - che non manca mai di cercare la normalità nel segno del più classico ideale civile e morale - ha la scorza per affrontare i suoi demoni; può succedere, nell'Ovest comunque meno fordiano che si ricordi, allo sceriffo riluttante del grande Joel McCrea in Wichita, forse il migliore fra i sei western girati dal versatile Tourneur. Ma più spesso la lotta consuma e infine distrugge questi buoni dal cuore nero: nel Bacio della Pantera la lunga mano della vecchia Europa, col suo gravame storico di violenza bestiale, raggiunge e stritola la protagonista fin dentro il cuore dell'America del Sogno, mentre un treno buio e sferragliante soffia via lo psichiatra della Notte del Demonio insieme a tutte le sue certezze.

Vale anche per il private eye Jeff Bailey di Out of the Past: "Conosco un sacco di tipi svegli, e pochi onesti; e voi siete entrambe le cose" sentenzia il delinquente Whit Sterling, un Kirk Douglas perfetto nel ruolo negativo che non ti aspetti, centrando esattamente il punto; malgrado tutte le sue astuzie Bailey non è marcio come il mondo in cui si barcamena. All'inizio del film lo troviamo come da copione nascosto, mentre cerca di rifarsi una vita con una brava donna; i suoi guai derivano a loro volta da un errore di valutazione commesso in buona fede, in un estremo tentativo di fuga da se stesso (“quanto si può diventare stupidi? Stavo per scoprirlo..”). Nessuno come Robert Mitchum avrebbe potuto dare corpo e voce all'ambiguità di questo personaggio; la voce stentorea, il magnetismo che inchioda alla sedia, il volto triste e sornione sempre venato di astuzia ferina; quando alla fine riconosce “ci meritiamo l'un l'altra” alla dark lady di Jane Greer, lo dice piattamente fracassando a terra il bicchiere; una sentenza di morte che basterebbe da sola a un attore per mettersi per sempre sui libri di storia.

Torno a ripeterlo, Out of the Past: parlare di “colpa” sarebbe in qualche misura rassicurante; vorrebbe dire che come Lucifero siamo caduti, ma anche che un tempo eravamo angeli, che abbiamo avuto una possibilità. E non è questo il caso; ecco perché Jacques Tourneur merita forse più di chiunque altro il blasone dell'unico genere cinematografico che è davvero, e fino in fondo, il colore che gli dà il nome: Noir.