L'abbraccio stretto e disperato della giovane Helga (Greta Almroth) al libro per antonomasia, la Bibbia, conclude il lungo incipit di The Girl from the Marsh Croft, film realizzato nel 1917 da Victor Sjöström, regista e attore, padre fondatore e icona del cinema nordico. L'intero paese si raduna per partecipare alla fredda e rapida discussione di un'inchiesta, svolta per stabilire la paternità del bimbo di Helga, nato da una relazione con un uomo sposato. La giovane dichiara l'identità dell'amante che però nega il proprio coinvolgimento e si appresta a giurare sul testo sacro la propria versione dei fatti: a questo punto, la minaccia della dannazione eterna, che secondo le scritture punisce il peccato di spergiuro, di falsa testimonianza, induce Helga a interrompere il procedimento, sottraendo l'uomo un tempo amato alle fiamme dell'inferno.

La pellicola di Sjöström, tratta da un romanzo di Selma Lagerlöf (autrice prediletta di Sjöström), in realtà è tutta qui, condensata in poche parole e compressa nell'immagine di quell'abbraccio ostinato, della presa cocciuta di una donna stretta al testo che la condanna all'isolamento sociale. La storia di Helga è infatti quella comune a molte altre ragazze madri, malviste dalla società e marchiate da una colpa che non concede espiazione. Eppure, nella sofferenza di quell'abbraccio, Helga trova il coraggio di farsi exemplum, di perseguire il bene, sacrificando se stessa e trovando infine un nuovo amore. Sjöström segue il modello offerto dal racconto di Lagerlöf e sviluppa la narrazione attraverso cinque atti che si concludono con il raggiungimento dell'acme e la felice risoluzione di una vicenda melodrammatica.

The Girl from the Marsh Croft rappresenta uno dei capolavori e dei capisaldi del cinema muto svedese: in questo film Sjöström accoglie e interpreta il modello del cinema americano, in particolare la lezione di Griffith, per quel che riguarda la rappresentazione di parabole esistenziali. Sjöström ancora i propri personaggi agli ambienti di appartenenza e ai luoghi che li descrivono, una umile fattoria o un salotto borghese, ma lascia a tutti, indistintamente, la possibilità di confrontarsi con la natura che li circonda. Muto, immobile e imperturbabile il paesaggio viene indagato con una timida ma precisa panoramica iniziale che accoglie e prepara lo sguardo dello spettatore. In seguito, sono i personaggi stessi a immergersi nella natura, accordando più o meno direttamente il proprio stato d'animo con l'immagine del mondo che li accoglie: allora per Helga la felicità è la valle dove abita Gudmund (Lars Erlandsson), mentre per il giovane lo stagno vicino casa è il luogo ideale per nascondere il proprio segreto, infine, il cortile fra la casa di Gudmund e il bosco, simile a una radura felice, diviene l'unico spazio in grado di accogliere e celebrare l'amore fra la reietta Helga e Gudmund.

Diretto magistralmente da Sjöström, che predilige e ottiene una recitazione misurata e un perfetto equilibrio nella costruzione delle scene, il film si conclude con un modernissimo ed efficace frammento in flashback, che simile alla tessera di un puzzle permette di comporre una nuova immagine: quella dell'espiazione di Helga e del coronamento di un nuovo amore.