Finalmente è successo: Joe Dante è a Bologna per Il Cinema Ritrovato, che lo omaggia riproponendo il suo The Movie Orgy (1968) e il dittico Gremlins (1984 e 1990). In attesa delle proiezioni e della sua lezione di cinema, il regista americano ha incontrato i giornalisti per una bella chiacchierata sulla sua carriera e la sua idea di cinema.
Innanzitutto ringraziamo Joe Dante della sua presenza al Cinema Ritrovato. È un incontro che prima o poi doveva avvenire.
Grazie a voi dell’invito. Ovviamente sapevo da tempo dell’esistenza del festival, e devo dire che sta rapidamente diventando uno dei miei preferiti in assoluto. Mi piace che non sia competitivo e che celebri il cinema del passato.
Qual è la sua visione del cinema contemporaneo, in questi anni di grandi trasformazioni?
Il mondo del cinema è cambiato profondamente, sia da quando l’ho conosciuto che da quando ho mosso i miei primi passi. All’epoca vedere film significava essenzialmente trovarsi in una sala, e credo che questo appartenga ormai al passato; il pubblico è sempre più abituato allo streaming e ai nuovi mezzi di fruizione. Anche per questo Il Cinema Ritrovato è così bello: perché permette non solo di trovare il cinema del passato – sapere che quel dato film esiste da qualche parte, in qualche archivio polveroso – ma di vederlo effettivamente sul grande schermo.
Riuscirà a vedere dei film? C’è qualcosa in particolare nel programma che le interesserebbe scoprire o riscoprire?
Certo, infatti qualche film l’ho già visto, ma questa è anche la mia prima volta a Bologna e quindi sono un po’ diviso fra la città e i film: vorrei visitare quanto più possibile, e contemporaneamente in questi giorni si proiettano film che altrimenti sarebbero impossibili da recuperare.
Ci parla un po’ di The Movie Orgy? E del suo rapporto con Roger Corman e Steven Spielberg?
Corman e Spielberg sono stati i miei due "contatti" principali a Hollywood. Erano fra i pochi che ne sapevano davvero più di me, a cui potevo porre domande, e senza di loro il mio percorso sarebbe stato molto più difficile; Spielberg in particolare, per via del suo straordinario successo e potere nell’industria. Quanto a The Movie Orgy, è un po’ difficile da spiegare. Il cut originale durava sette ore, oggi ridotte a cinque. Questo perché l’idea viene dai serial di una volta (roba molto camp come il Batman del 1943), che usava portare al cinema completi in un'unica lunghissima esperienza di visione: quindici episodi per sei ore! The Movie Orgy incrociava quell’idea con il found footage, raccogliendo spezzoni di film, cartoni animati, spot pubblicitari, programmi televisivi ecc. L’esperimento funzionò così bene che un marchio di birra ci chiese di vendere da bere durante le proiezioni. Credo che il segreto stesse nel senso di nostalgia che ispirava, perché portava le persone a rivivere sensazioni “di una volta”, sepolte nel loro passato di spettatori di cinema e tv. Una cosa molto americana, ma anche abbastanza assurda da piacere un po’ ovunque.
Joe Dante significa due cose, un maestro del fantastico e un anarchico alla guida di grandi produzioni hollywoodiane. C’è ancora spazio per l’anarchia nel cinema di oggi?
Il problema è che non ci sono più gli studios a cui ribellarsi! Si sono acquisiti e assorbiti a vicenda fino a rimanere con poche grandi corporation, e queste puntano esclusivamente ai soldi. Gli studios di una volta cercavano anche loro l’incasso, ma amavano davvero il cinema. Quelli di oggi propongono film interessanti più o meno quanto chi li realizza, prefabbricati, lunghissimi perché da contratto devono includere una quantità spropositata di personaggi interpretati da grandi star. Sembrano tutti fatti da intelligenze artificiali. Quando io ero agli inizi gli studios facevano film interessanti: Gangster Story, Perché un assassinio, Chinatown – questi erano tutti film prodotti da grandi studios. Oggi non succede più, e intanto a Hollywood, il luogo di nascita del cinema, non si trovano più cinema dove vedere un film. Ne sono rimasti giusto un paio. Si resta a casa col telecomando in mano davanti a Netflix e simili. Per noi il cinema era un’esperienza. Ti mettevi il cappotto, uscivi di casa, pagavi un biglietto e vivevi qualcosa di comunitario.
Gremlins era un film per ragazzi, ma era cinema dove la paura e la soglia d’attenzione contavano molto. Cosa pensa dei film per ragazzi di oggi?
È il telecomando che ci ha fregati. È normale che un bambino si annoi facilmente e cerchi nuovi stimoli, ma un tempo se volevi cambiare canale dovevi alzarti dal divano e quindi lo facevi meno spesso. Appena i bambini hanno in mano il telecomando diventa facilissimo cambiare canale ogni tre secondi, e piano piano da abitudine questo diventa modo di pensare, e infine una vera e propria estetica. A Hollywood da sempre si fanno le preview, che io ricordo come un incubo perché – da regista – pensavi di aver fatto la cosa giusta e invece ti accorgevi che il pubblico sbadigliava, o rideva nei momenti sbagliati. Oggi quel rischio si è azzerato, ma in che modo? Facendo film prefabbricati. Gremlins era un film inaspettato, sorprendente, forse il film giusto al momento giusto. Spiazzò il pubblico e per questo ebbe grande successo. Gli studios mi chiesero subito un sequel ma io non ne volevo sapere, perché dopo tutti quei mesi sul set ormai i pupazzi me li sognavo anche la notte. Dopo aver cercato di fare senza di me, con altri registi, tornarono a pregarmi: “se ci dai Gremlins 2 entro l’estate ti diamo carta bianca”. Non mi era mai capitato, e il risultato di quella libertà creativa è una specie di Helzapoppin’ (per certi versi simile a The Movie Orgy), di cui vado molto orgoglioso, e che sono felice abbia acquisito negli anni una reputazione paragonabile a quella del primo film.
In che senso Gremlins era il film giusto al momento giusto?
L’idea non fu mia ma di Spielberg. Aveva visto i miei primi due film, di cui uno scopiazzava uno dei suoi (n.d.a. Piraña, in pratica remake a basso costo di Lo squalo) e venne a chiedermi se volessi dirigere questa sceneggiatura un po’ buffa e un po’ paurosa. Negli anni Ottanta pullulavano i film su scienziati bambini, su gruppi di adolescenti, un po’ come negli anni Cinquanta, il decennio in cui erano cresciuti quelli della mia generazione. Tanti film degli anni Ottanta hanno avuto un grosso impatto, sono diventati classici magari grazie all’home video e sono stati tramandati alle generazioni successive. Gremlins è uno di questi. In un certo senso è il film che mi rappresenta, quello a cui è immediatamente associato il mio nome, e di certo cercai di metterci quanto più possibile della mia personalità. Ma sono più legato al secondo, che sento più mio.