Le mucche sognano stabilimenti industriali? È una domanda retorica, ma è lecito porsi degli interrogativi sulla vita sospesa degli animali d’allevamento, sottratta al naturale corso degli eventi. Andrea Arnold ha deciso di seguire l’esistenza di Luma, una mucca da latte di una imprecisata fattoria, nell’arco di quattro anni, il lasso di tempo di produttività funzionale all’essere umano. Ha deciso di seguirla facendole sentire la camera sul collo, lasciando all’ambiente circostante il compito di commentare il suo ciclo aziendale.
Dalla nascita alla morte, passando per un’infinità di latte estorto da temibili macchinari, non si può fare a meno di sentire un imponente animale diventare un essere umano condannato ad un ergastolo vita natural durante. L’occhio di Andrea Arnold si perde continuamente nella pupilla di Luma, rivelando per inerzia una dimensione segreta che è stata segregata dal sentire comune. Uno sguardo così ravvicinato genera uno strano effetto Kulešov che mette al centro l’animale e si prolunga in un contesto di coazione a produrre sequenza dopo sequenza. Luma è l’enigmatica vittima di una natura artificiale che trasmette una gamma emozionale che oscilla tra le diverse sfumature della tristezza, con rare incursioni in altri territori (in un contesto così l’accoppiamento di Luma con un toro sulle note di Mad Love è un contrappunto per certi versi rinfrancante).
Bordieu diceva che quando i dominati applicano a ciò che li domina schemi che sono il prodotto del dominio o, in altri termini, quando i loro pensieri e le loro percezioni sono strutturati conformemente alle strutture stesse del rapporto di dominio che subiscono, i loro atti di conoscenza sono, inevitabilmente, atti di riconoscenza, di sottomissione. Cow lo riafferma, senza strilloni e esagerazioni, ma riesce ad andare oltre: l’essere umano si è sostituito alla natura e si è somministrato ai suoi schiavi. Andrea Arnold ne prende coscienza in fase di riprese e restituisce a noi un crudo resoconto della sua osservazione sul campo con un montaggio spigoloso e senza troppe invenzioni.
C’è una realtà che si svolge parallelamente a quella umana e che ha versi strozzati e sordi ripetuti per il tempo necessario di sudditanza. La forma del documentario stabilita da Cow sceglie la via dell’insistenza per raccontare lo stremo dei dominati senza che l’antropomorfizzazione suggerita dalla protagonista prenda il sopravvento sulla sua animalità. Luma sembra un essere umano, ma rimane una mucca. Quella intorno a lei sembra natura, ma è soltanto la sua perversione. Non si parla di noi, ma dei nostri effetti su chi abita il nostro stesso pianeta.
Se il sonno delle mucche è attraversato da brandelli della realtà in cui servono l’essere umano, allora la loro versione del sogno è inevitabilmente segnata dalle nostre macchine e dalla nostra presenza. E da quello che si può vedere, stiamo disseminando frammenti di incubi nelle mucche di Cow e in quella che una volta era la natura. Prima del proiettile fatale.