Quando si parla di Jean Gabin bisognerebbe riprendere la descrizione innamorata che ne fa Jacques Prévert, per cui il divo francese rappresentava la “naturalezza incarnata”, il che potrebbe anche sembrare paradossale, trattandosi di finzione, simulazione e riproposizione, su di un altro piano, immaginifico, di ciò che si è nella vita reale. Rendersi quanto più naturali possibile, scevri da tutta un’impostazione attoriale, di stampo anche teatrale – ricordiamo che Gabin proveniva dai palcoscenici dei music-hall – ed esistere sullo schermo così come si è nel quotidiano: Jean Gabin incarnava proprio quest’attitudine. E lo si nota fin dall’inizio, fin da uno dei suoi primi film degli anni ’30, Dall’alto in basso di George W. Pabst, film tedesco che non è affatto tedesco, come sostiene Edouard Waintrop, essendoci la musica, la fotografia e gli attori, tra cui il meraviglioso Michel Simon de L’Atalante, solo per citare uno dei tantissimi film in cui figura.

Tratto da uno spettacolo teatrale di Ladislaus Bus-Fekete e girato nel 1933, racconta la vita degli abitanti e dei proprietari di un immobile viennese, tra cui Gabin ha il pregio di comparire restando per lo più nell’ombra, nonostante sia Charles Boulla, noto e acclamato calciatore di successo. In questo senso, girato per la sua quasi totalità all’interno dell’immobile, tra le stanze e il cortile in cui erano soliti incrociarsi Boulla e la nuova “domestica” Marie, Dall’alto in basso è una storia collettiva: vi incontriamo Pola, la vicina di Boulla che ne è innamorata, l’avvocato squattrinato\Michel Simon, la signora Binder, un mendicante timido, una cuoca generosa… Si tratta insomma di un film corale, in cui il regista tedesco sfiora stento la fisionomia dell’attore francese, soffermandosi piuttosto sulla figura femminile, Marie, interpretata da una semisconosciuta Jeanine Crispine. Sono l’uno il controcanto dell’altro, Boulla e Marie. Lui all’inizio spavaldamente sicuro di sé e della conquista imminente e lei, d’altra parte, ambiziosa e intransigente, non disposta, soprattutto, a scendere a compromessi di qualsiasi natura per conseguire i suoi obiettivi e desideri.

Marie è così un personaggio di rottura, “emancipata” (memorabile lo scambio di battute tra Boulla e il portinaio che si domandano il significato della parola emancipazione) e indipendente, dalla cui preponderanza Boulla verrà messo sotto scacco e in discussione. Caratterizzato da una particolare e acuta impronta comica e sagacia nella scrittura, Dall’alto in basso ha di conseguenza un forte portato sociale e anche politico, soffermandosi sulla descrizione degli squilibri sociali vigenti in quel periodo storico e, soprattutto, sulle difficoltà per una donna quando si tratta di emergere in contesti lavorativi solitamente asserviti al dominio maschile. E attraverso questa personalità femminile forte e autentica, si apre come una voragine nella sicura mascolinità di Jean Gabin che già si dimostra immagine e figura polisemica nel cinema, contradditoria, un “eroe dalla mascolinità fragile”.