Nella Prefazione del libro Il sentiero dei nidi di ragno (Ed. 1964), Italo Calvino indicava Una questione privata di Beppe Fenoglio come il romanzo sulla Resistenza, che tutti gli scrittori che avevano vissuto l'esperienza partigiana avevano sognato di scrivere senza riuscirci. E spiegava “Una questione privata [...] è costruito con la geometrica tensione d'un romanzo di follia amorosa e cavallereschi inseguimenti come l'Orlando furioso, e nello stesso tempo c'è la Resistenza proprio com'era, di dentro e di fuori, vera come mai era stata scritta, serbata per tanti anni limpidamente dalla memoria fedele, e con tutti i valori morali, tanto più forti quanto più impliciti, e la commozione e la furia. [...]”
Valori morali forti e impliciti, follia amorosa e memoria fedele. Ecco il mix grandioso alla base di un altro bellissimo film di Paolo (e Vittorio - secondo i titoli di testa - solo sceneggiatore del film, ma non regista, a causa degli acciacchi dell’età) Taviani, un film che torna a parlare di Resistenza e Lotta partigiana in una contingenza storica in cui un deserto ideologico sempre più ferocemente diffuso, cancella la memoria storica e lascia libero il campo all’avanzata di vecchi e nuovi fascismi.
Se è vero, come dichiarato da Paolo Taviani, che “Beppe Fenoglio è un grande scrittore epico che tutti dovrebbero leggere” allo stesso modo Una questione privata è un grande film di amore e di guerra che tutti i giovani “studenti” (e non solo) dovrebbero vedere.
La storia è quella di un’amicizia tra tre ragazzi Milton (Luca Marinelli), Fulvia (Valentina Bellè) e Giorgio (Lorenzo Richelmy), che nell’estate del ‘43 passano il tempo in casa davanti a un giradischi a riascoltare fino a 28 volte di seguito “Over the rainbow”, fumare o studiare la traduzione inglese di Cime Tempestose. Con lo scoppio della guerra Fulvia sarà sfollata a Torino, Milton e Giorgio saranno chiamati al fronte e in seguito imbracceranno le armi per unirsi ai partigiani nelle Langhe.
Per filmare questo modernissimo affresco della grande guerra “civile” che spaccò in due l’identità nazionale e di cui nessuno sembra più troppo interessato a parlare, i Taviani hanno dovuto scegliere una scenografia più montana con riprese avvenute tra la val Maira di Acceglio, Stroppo, Ussolo, Chialvetta, la Varaita di Sampeyre e il Saluzzese, poichè sarebbe stato impossibile girare nei luoghi originari, oggi costellati di splendidi vigneti. Nel suo vagare sconsiderato e ansioso tra banchi di nebbia, fango e scoppi di mitraglia, il giovane Milton/Marinelli non ci parla solo della guerra che imperversa fuori tra campi e langhe desolate e sassose, con i movimenti del suo corpo (l’andatura veloce che procede a larghe falcate quando cerca Giorgio o l’improvviso arrestarsi scoraggiato quando capisce che qualcosa è perduto) e con l’impercettibile azione del suo volto (una smorfia delle labbra, il corrucciare gli occhi, uno sbuffo, un suono impercettibile emesso quasi per sbaglio dalla bocca), Milton ci racconta silenziosamente della sua guerra interna, del suo mal d’amore, quasi inconfessabile, quanto inopportuno in tempo di guerra.
Eppure Milton, che ci accompagna con nonchalanche attraverso il suo mondo partigiano fatto di parole d’ordine, sacrificio, coraggio, odio antifascista (il nemico son gli scarafaggi neri da scambiare come “soldatini di piombo” per salvare vite partigiane) Milton compie il suo percorso, il suo viaggio da una compagine all’altra dell’armata per un motivo futile in realtà, ossia scoprire se la gelosia che lo acceca abbia un reale fondamento. Dalle parole apprese dalla guardiana della villa dove trascorreva il tempo con Fulvia e Giorgio gli pare di aver inteso o frainteso (spera) di una possibile storia di amore fra i due ragazzi in sua assenza. La gelosia lo acceca. Parte alla ricerca del suo ipotetico rivale per un confronto che non ci sarà mai. Il suo bisogno personale si mischia e confonde con la guerra. Così come il suo merito, la disperata ricerca di uno scambio che salvi la vita al suo compagno, si confonde con la sua “colpa”, la questione privata che ne motiva l’azione.
È ancora forte, a 35 anni di distanza da La notte di San Lorenzo, il timbro rivoluzionario e l’aspirazione operaia, politica e umanistica dei fratelli Taviani che non disdegnano di disseminare anche questa pellicola di irresistibili richiami al loro meta-messaggio, “Si sa che gli studenti son tutti un po’ tocchi, noi contadini siamo più centrati”. È l’antifascismo ad essere ben chiaro nelle loro immagini a camminare sulle gambe del protagonista, come in alcune brevi aperture del film, la storia della bambina che si addormenta tra i cadaveri dei parenti, si alza per bere un bicchier d’acqua, e torna a dormire, che fu raccontata ai registi sul set de La notte di San Lorenzo, oppure la follia negli occhi del sadico prigioniero fascista (un sorprendente Andrea Di Maria reduce dai successi del clan di Casa Surace) appassionato di batteria jazz.
La musica, la colonna sonora è infine la grande coprotagonista di Una questione privata. In un film in cui i dialoghi sono asciutti e non eccedono mai di misura, un ruolo determinante è affidato ai rumori di fondo (il sibilo del vento, le scariche di mitraglia, il rumore del mare) ed alla musica diegetica ed extradiegetica. La musica dell’epoca, "Somewhere over the rainbow" di Judy Gardland è utilizzata come elemento descrittivo degli anni ‘40, ed è la canzone sulle note della quale nasce la storia di amore di Milton e Fulvia, ma per il resto le partiture originali di Giuliano Taviani e Carmelo Travia, accompagnano gli altri momenti del film, esprimendo in modo personale e prepotente la follia di amore e di morte del protagonista. Amore e morte vanno di pari passo si sa e la battuta finale con cui si chiude il film è una epigrafe che ce lo ricorda “sparatemi nella testa, se non lo fate voi, lo faccio da solo” e poi al termine dell’inseguimento dei fascisti “Sono vivo Fulvia...a momenti mi ammazzavi”. Un grande amore disturbato da una grande guerra.