Una cascata è quel punto in cui l’acqua di un fiume o di un torrente, a causa di un dislivello, precipita invece di scorrere normalmente. Al confine tra Brasile e Argentina il fiume Iguazù genera il complesso di cascate più esteso al mondo, con 2 milioni di metri cubi d’acqua al secondo che si gettano nel vuoto con un rumore assordante. In una ripresa aerea Wong Kar-wai mostra quella poderosa massa d’acqua che si dissolve in una nube impenetrabile ma leggerissima. È quasi impossibile immaginare che più in là il fiume, lasciandosi alle spalle il fragore del salto nel vuoto e le colonne di vapore acqueo, torni a scorrere normalmente. C’è qualcosa in comune tra la relazione dei due personaggi di Happy Together e quell’ultimo tratto del Rio Iguazù.

È il terzo appuntamento in sala con Wong Kar-wai. Grazie all’operazione di ridistribuzione di Tucker Film, dopo il restauro in 4K per mano della Criterion di New York e L'Immagine ritrovata di Bologna, Happy Together torna sul grande schermo ventiquattro anni dopo il premio per la miglior regia al 50esimo Festival di Cannes. Tra vecchi monolocali bonaerensi, tango bar e troppe sigarette due uomini hongkonghesi si trovano alle prese con la loro relazione instabile e nociva. Al solito si parla di rapporti. Cina o Argentina, nei film di Wong si ha sempre l’impressione che l’amore sia l’unica cosa narrabile, l’unica capace di generare conflitto o risolverlo.

In Hong Kong Express, di tre anni prima, i sentimenti si muovevano attraverso connessioni impercettibili, atti simbolici e inoffensivi: l’amore era un fatto ipotetico o embrionale, distante dal compromesso del pragmatismo. Con Happy Together Wong aggiunge un tassello nella sua enciclopedia sentimentale e mostra una relazione consolidata ma conflittuale tra due giovani uomini, interpretati da Tony Leung e Leslie Cheung, impantanati in un legame imperfetto e doloroso tra mille ripartenze e tentativi fallimentari di ricostruzione.

Dalle sequenze in bianco e nero alle partite di calcetto sotto il tramonto portegno, la fotografia di Christopher Doyle restituisce gli sbalzi atmosferici di questo amore impreciso. Allo stesso modo la selezione musicale eclettica e poliglotta si aggiudica, come al solito nei film di Wong, un piano di eloquenza superiore, sia con le note decise e cupe del bandoneón di Piazzolla, i brani di Frank Zappa e Caetano Veloso, sia con lo scanzonato Happy Together, che messo lì con ironia regala uno stridore malinconico.

Insomma le immagini e i suoni sono modellati al ritmo polimorfo del pensiero o del ricordo. Il risultato è un resoconto emotivo e personale che è più vicino all’indagine di sé che della coppia. Forse una via per tracciare i confini dell’abbandono è, come un mezzo di contrasto, individuare tutto il resto. Allora si può dire che i film di Wong non parlano mai di amore ma piuttosto di solitudine, e che la modalità più efficace per raccontare un’assenza è mostrare ciò che l’ha causata.