Negli scorsi giorni, durante Visioni Italiane, abbiamo scoperto un cortometraggio in stop-motion dal titolo La valigia. A realizzarlo è stato quello stesso studio d’animazione bolognese artefice in tempi recenti degli spot per il Future Film Festival 2014, della ministoria in tre puntate per la Ducati Franco and Elvira story e del videoclip di C’eravamo tanto sbagliati per Lo Stato Sociale. Parliamo dello Studio Croma. I giovani membri fondatori Guglielmo Trautvetter, Giacomo Giuriato e Matteo Burani un giorno incontrano Pier Paolo Paganelli, attore ne I principi dell’indeterminazione: il boia di Fabio Donatini (di cui ha curato anche la sceneggiatura) e regista e sceneggiatore di Vai col liscio. C’è intesa fra loro al punto che Paganelli decide di proporgli una collaborazione e da qui nasce uno dei film più interessanti proiettati a Visioni Italiane.
Prodotto da Ivan Olgiati di Articolture, è il racconto struggente e malinconico di un anziano, probabilmente malato di Alzheimer, che grazie ai ricordi racchiusi in una valigia ripercorre i momenti più importanti della sua vita. Tra tetre allucinazioni e atmosfere macabre che riportano alla mente il miglior cinema di Terry Gilliam, La valigia è un prodotto eccezionale se contestualizzato nel (purtroppo) ben misero panorama d’animazione italiano e decisamente valido se gettato nella mischia di quello mondiale. Noi di Cinefilia Ritrovata eravamo presenti alla proiezione e siamo riusciti a scambiare due parole con Guglielmo Trautvetter e Pier Paolo Paganelli.
Partiamo con la più classica delle domande. Come vi siete conosciuti e come è nata la passione per la stop-motion?
Guglielmo Trautvetter) Lo studio è composto ad oggi da quattro persone: tre giovani intraprendenti e un regista ormai affermato nel cinema indipendente bolognese. La nostra amicizia inizia al Liceo Artistico di Bologna. Io, Giacomo Giuriato e Matteo Burani, classe 1991, da quando eravamo quindicenni abbiamo sempre lavorato insieme. All’inizio erano solo dei passatempi e hobby che hanno però col tempo preso spessore e sono diventati sempre più concretamente un lavoro. Nel 2010, mentre ancora frequentavamo il liceo, per realizzare il nostro primo cortometraggio Cena al cimitero siamo partiti dalle scenografie per poi spaziare in tutti gli altri ambiti che serve conoscere quando si fa stop-motion, o più genericamente quando si fa cinema. Prima ancora di finire le riprese di questo cortometraggio abbiamo conosciuto Pier Paolo che voleva realizzare La valigia, e noi con grande entusiasmo abbiamo accettato senza sapere che ci sarebbe voluto più di un anno per arrivare a finirlo. Da questo lavoro sono scaturite molte collaborazioni che vanno avanti ormai da due anni, tra queste quella con Articolture, casa di produzione che ci ha seguiti per La valigia e con cui ora stiamo realizzando un secondo cortometraggio.
Pier Paolo Paganelli) Io e mio fratello Daniele, che ha l’ingrato compito di occuparsi di tutto ciò che è burocratico nel nostro lavoro, abbiamo conosciuto i ragazzi tramite Paolo Pellicano il quale si occupa della distribuzione dei miei corti. Pian piano dopo la fortunata esperienza de La valigia, i ragazzi di Studio Croma mi hanno preso stabilmente con loro mischiando così la mia esperienza con il loro talento ed energia.
Per il cortometraggio avete detto di non esservi ispirati a nessuno in particolare in modo da poter trovare uno stile vostro. Ma di quale cinema, d’animazione e non, si nutrono i ragazzi dello Studio Croma?
GT) Da sempre siamo appassionati di animazione, ognuno di noi ha le sue preferenze ma alla fine ci nutriamo di un po’ di tutto: i vecchi classici della Disney, Aardman, Ghibli, Laika, Pixar, Dreamworks, ma anche film indipendenti del cinema internazionale come Waking Life e A Scanner Darkly di Richard Linklater o il più recente The Congress di Ari Folman, autore anche di Valzer con Bashir, esempi di come l’animazione non sia solo per bambini ma che possa anche essere una forma di cinema sperimentale, mezzo per comunicare senza i vincoli della realtà. Un film che non viene spesso citato quando si parla di animazione è Fantastic Mr. Fox di Wes Anderson, un altro esempio di come l’animazione e cinema d’autore si possano fondere per un risultato finale originale e divertente. Per quel che riguarda il cinema non di animazione ci compensiamo a vicenda, seguendo vari generi e consumando enormi quantità di film alla settimana: supereroi, cinema d’autore, documentari e più o meno tutto quello che ci capita sotto gli occhi!
PPP) Ognuno ha un suo percorso. Io personalmente sono stato folgorato dalle produzioni di Tim Burton prima e dalla Laika in seguito con Coraline e la porta magica, più mille altri prodotti d’animazione. In più sono un regista che viene dal live ed anche lì Tim Burton mi affascina.
Probabilmente è da quando nel 2002 la DreamWorks vinse l’Oscar con Shrek che l’animazione in CGI è cresciuta in maniera esponenziale. Oggi sono rimasti in pochi a fronteggiare tale ondata col disegno tradizionale e la stop-motion riuscendo a raggiungere un vasto pubblico, mi vengono in mente gli studi che avete appena citato (Aardman, Ghibli, Laika) e Sylvain Chomet. Cosa ne pensate dell’animazione a passo uno in tempi d’avanguardia tecnologica come questi?
GT) Il cinema d’animazione ha dimostrato di essere un veicolo narrativo ancora ricco di potenzialità. In particolare l’animazione a passo uno svolge un ruolo di grande significato proprio per la sua natura artigianale e manifatturiera, in netto contrasto con questi tempi di tecnologie e virtualità: è un inno alla concretezza e all’abilità umana. È inoltre incoraggiante notare come l’apprezzamento del pubblico nei confronti del cinema d’animazione abbia aperto le porte del mainstream anche a tecniche più di nicchia come la stop-motion che oggi vive una nuova giovinezza grazie anche al supporto delle nuove tecnologie.
A prestare le proprie voci nel corto ci sono Roberto Herlitzka, grande attore di teatro, cinema e televisione, e Rodolfo Bianchi, immenso doppiatore e direttore del doppiaggio. Come siete riusciti a coinvolgerli nel progetto?
PPP) È un mio marchio cercare di avere all’interno dei lavori personaggi noti. L’ho fatto in passato con un corto live (Vai col liscio), in cui erano presenti Valerio Mastandrea, Pif, Andrea Mingardi, Elisabetta Cavallotti, Raul Casadei, Bob Messini. Anche ne La valigia insieme ad Articolture abbiamo trovato il modo di arricchire il prodotto.
Da noi l’animazione non ha mai avuto vita facile. Nonostante Bruno Bozzetto, Enzo D’Alò, Giulio Cingoli e Maurizio Nichetti, purtroppo non siamo mai riusciti a farci veramente sentire. Come mai secondo voi? E pensate che con la stop-motion potrebbe andare meglio?
GT) Probabilmente, come dicevamo prima, il mercato dell’animazione sta raggiungendo ora la sua diffusione massima. Dopo aver digerito i classici Disney, i vari anime e i nuovi traguardi nella computer graphic, anche l’Italia si è aperta a una maggiore comunicabilità che forse negli anni passati faticava a consolidarsi. Quindi sì, pensiamo sinceramente che il futuro di questo genere sia roseo e carico di opportunità e per quanto ci riguarda faremo di tutto perché ciò accada.
PPP) Credo che la cosa più importante sia la qualità. Noi ci proviamo con nuove idee e migliaia di ore di lavoro, in più ci vorrebbe che i grandi produttori diventassero più coraggiosi e si spingessero seriamente a finanziare l’animazione per permettere a noi “artigiani” di poterci esprimere con mezzi adeguati.
Progetti per il futuro?
GT) Proprio ora siamo immersi in un progetto molto ambizioso: La leggenda della torre, prodotto da Articolture e realizzato con il sostegno della regione Emilia Romagna. Il corto ha come grande innovazione tecnica l’inserimento del labiale, il quale ci ha dato la possibilità di dare voce ai nostri personaggi che finora erano sempre stati muti. La storia narra di Asinelli che, nel tentativo di costruire la torre più alta di Bologna, è costretto a sporcarsi le mani in un pericoloso patto stipulato con la Morte. In un contesto storico che porta sullo schermo una ricostruzione medievale della città prende vita questa favola dall’umorismo grottesco che alterna il cupo al comico. Il cortometraggio sarà finito entro l’estate per poi cominciare la sua vita all’interno di festival e rassegne, sperando che riesca ad aprire le porte a nuove opportunità che ci permettano di continuare a raccontare storie e a mostrare come anche una tecnica vecchia come il cinema stesso possa ancora essere attuale dopo tutto questo tempo!