Con E la festa continua! (2023), Robert Guédiguian ritorna dal Mali dell’indipendenza e della rivoluzione socialista degli anni 60 di Twist a Bamako (2021) alla Marsiglia proletaria, multietnica, armena e contemporanea che costituisce un elemento fondamentale della sua cifra autoriale. Il regista ritrova l’ormai abituale sceneggiatore Serge Valletti e l’affiatato gruppo di interpreti credibili e notevoli che popolano da sempre i suoi film, dagli storici Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin e Gérard Maylan ai più giovani Grégoire Leprince-Ringuet, Lola Naymark, Alice da Luz e Robinson Stévenin.

Le note, nostalgiche e bellissime, di Emmenez-moi di Aznavour non sono meno importanti di Marsiglia come della regia, della scrittura e della recitazione: invadono e saturano tutto il film, sia nella sua dimensione diegetica (i protagonisti imparano la canzone per la commemorazione del tragico crollo di due stabili inabitabili ma occupati di Rue d’Aubagne del 2018) sia come commento al rapporto tra Rosa e Henri, restituendone tutta l’impetuosità di utopia sentimentale e politica.  

La protagonista Rosa (Ascaride) è ispirata alla sindaca di Marsiglia Michèle Rubirola, che ha dimostrato nel 2020 che la sinistra può ancora vincere smettendo di inseguire una fantomatica “nuova immagine” e mettendo invece in campo nuovi cervelli, come viene anche detto in una battuta del film. Infermiera vedova di origine armena vicina alla pensione, Rosa ha la passione politica come destino scritto nel nome, in omaggio a Rosa Luxemburg, come, del resto, il fratello taxista Antonio (Meylan), in onore a Gramsci, sempre pronto a trovare un letto in casa sua per chi ne ha bisogno, dalle sue ex-fidanzate alla giovane collega (da Luz) della sorella cui fa da padre.

L’impegno per le imminenti elezioni amministrative, il lavoro, i figli e i nipoti assorbono Rosa che, a tratti, tuttavia, si scopre sola e con la stessa consapevolezza, di cui parla la sua omonima rivoluzionaria, di appartenere più “alle cinciallegre che non ai compagni”. L’incontro con Henri (Darroussin), padre della sua futura nuora Alice (Naymark), le riempie la vita e la commemorazione collettiva della tragedia del 2018, che Alice sta organizzando, le ricorda che amore e politica non possono essere disgiunti.

Le diverse linee narrative che coinvolgono i figli di Rosa, Sarkis (Stévenin) e Minas (Leprince-Ringuet), rispettivamente gestore del bar “La Nouvelle Arménie” e medico che vorrebbe partire e mettere il suo sapere al servizio del paese d’origine, completano il complesso intreccio tematico di E la festa continua!: la precaria condizione abitativa di Marsiglia, l’oblio della sanità e della scuola pubblica dopo il Covid, il genocidio armeno che non si ferma, il rapporto con le nostre origini non solo etniche ma anche nei rapporti con i nostri famigliari, lo slittamento del concetto di genitorialità dalla mera sfera biologica a quella di adozione ed elezione, la solidarietà di classe e interetnica.

Davvero tanto. Troppo? No. Perché se E la festa continua non decolla subito, aspettiamo volentieri l’ingresso di Henri per dare al film la stessa scossa che dà alla vita di Rosa e, se è vero che il moltiplicarsi delle linee narrative comporta uno sviluppo non sempre uniforme e tanti interrogativi che non ricevono risposta alla conclusione, questa caratteristica è coerente con l’assunto autoriale di partenza. “Niente è finito, . . .  tutto comincia. Bisogna affermare senza sosta che niente è finito”, ha dichiarato Guédiguian rispetto al film, che, a differenza del diffuso pessimismo di Gloria Mundi, doveva risultare “incoraggiante”.

Come i versi della canzone di Aznavour, che condivide le origini armene del regista e dei personaggi, ci invitano al viaggio “au pays des merveilles”, il cinema di Guédiguian è ancora capace di farci credere alle meraviglie dell’Utopia.