Ora che a luglio riaprono le arene (come ogni anno, ma con un lieve ritardo e dopo mesi in cui nessuno si immaginava che si potesse fare), anche il consumo cinematografico dovrebbe ricominciare a respirare. Certo, intanto il 10% delle sale ha riaperto, ma quelle del circuito di qualità in gran parte chiudevano comunque e i multiplex non hanno nuovi prodotti da offrire al pubblico - anzi, i pochi film previsti per luglio sono slittati oltre Ferragosto. Sebbene le arene non siano tutte gestite da esercenti di sale, e sebbene non possano fare altro che tamponare una crisi di settore che dovrà trovare sbocco a settembre (pena l'estinzione di una buona percentuale degli schermi nazionali), questi luoghi all'aperto sono preziosi e aiutano tutto il settore.
Le chiamiamo arene, ma a volte sono piazze (come Piazza Maggiore a Bologna con Sotto le Stelle del Cinema), a volte sono luoghi di campagna, a volte parcheggi di supermarket riadattati, a volte spazi balneari sulla sabbia, altre volte drive in - che, non più in auge dopo che il coronavirus ha rallentato la sua corsa, permangono comunque in alcune parti d'Italia e d'Europa. La storia del cinema fuori dalla sala - e non intendiamo la distribuzione domestica e su piattaforma - ha una lunga letteratura popolare: dal cinema itinerante al cinema di prossimità, dal cinema di ringhiera al cinema sui palazzi, dal cinema nei villaggi sperduti al cinema proiettato su lenzuoli, e così via. Se aggiungiamo il cinema "mobile" (sugli aerei, nei treni, dentro le navi da crociera) ci accorgiamo che il cinema è più potente di qualsiasi virus. Può sopravvivere in qualsiasi habitat, specialmente ora che, in forma digitale, è più trasportabile di prima.
L'arena, tuttavia, è il miglior compromesso tra sala cinematografica e deregulation. Certo, i puristi lamentano talvolta l'invadenza delle luminarie urbane, gli schiamazzi dei disturbatori alticci, il viavai dei distratti, il puzzo di fumo (anche se ormai è permesso in pochi casi anche all'aperto), le condizioni atmosferiche - dal caldo più soffocante alla pioggerella, dal vento irritante all'umidità che richiede un copri-spalle. Eppure, non troviamo gli stessi ostacoli anche in sala? Non siamo disturbati da chiacchiere, schermi di smartphone, masticazioni, crepitii, suonerie, profumi troppo abbondanti o miasmi ascellari invincibili?
Le arene dispongono a un consumo particolare, a un dopocena stellato (nel senso del firmamento, non del ristorante), a una disposizione cordiale, a un senso di comunità più identitario, a un legame sociale e culturale più netto, specie se sul grande schermo (spesso molto grande) scorrono capolavori del passato e del presente. E poi, per quanto ci auguriamo che tutto presto torni alla normalità, ci permettiamo di vedere per una volta il bicchiere mezzo pieno: con la distanziazione richiesta dalla legge forse riconquisteremo anche quello spazio per accavallare le gambe e per adagiarci con torpido piacere cui spesso dovevamo rinunciare per motivi di buona educazione. Piaceri forti, insomma.
Ironie a parte, il cinema dopo-Covid ricomincia da qui. Facciamone buon uso.