Stando a quanto scritto sul programma del Future Film Festival, erano 15 anni che l’Italia mancava all’appello ogni qual volta in aula la maestra interrogava sulla fantascienza. Index 0 ci ha permesso di poter ridire finalmente “presenti!” dopo tanto tempo, ed è stato Lorenzo Sportiello ad alzarsi in piedi dal banco e sollevare il braccio.

Index 0 ci racconta di un futuro distopico in cui le persone se giudicate “non sostenibili” dalle autorità vengono trasportate in centri di detenzione. È proprio da uno di questi centri che la coppia di protagonisti, un uomo e una donna, tenteranno disperatamente la fuga. Su questo canovaccio decisamente semplice Sportiello realizza una pellicola dalla messa in scena sorprendente, c’è tutto un retaggio fantascientifico che parte dalla desertificazione delle risorse nel Waterworld di Reynolds e arriva fino alle corde fantapolitiche del Blomkamp di District 9 (questo mese nelle sale con Humandroid) e del Cuaron de I figli degli uomini. Il film vive di polvere, terra, lacrime, sangue e ossa rotte. Si muove sulla devastazione che si espande a macchia d’olio sullo sfondo come nello splendido The Road di Hillcoat.

Va detto, non è esente da difetti. Ha una prima parte in cui fa fatica a carburare, in particolare c’è tutta una scena di attraversamento sotterraneo volutamente confusionaria e claustrofobica. Essendo un film si sospiri, respiri, affanni, sudore e occhi sgranati, l’atmosfera la fanno più i corpi che non la colonna sonora, e forse in questo può risultare a prima vista un po’ pesante e privo di tensione. L’intero apparato narrativo inoltre lascia un poco a desiderare, con dialoghi che non lasciano il segno anche quando vorrebbero farlo (il dialogo tra il protagonista ed un detenuto sulla pessima qualità del cibo su tutti).

Tuttavia Index 0 vi stupirà proprio in virtù di tali mancanze proponendo un tipo di narrazione non convenzionale per un film di tale genere se gettiamo lo sguardo sul mondo, figuriamoci dunque sull’Italia. C’è infine la base su cui si erge il tutto, il succo, il nocciolo della questione, che è particolarmente interessante. Essendo italiano e facendo muovere la sua distopia sul concetto che, parafrasando Paz!, “o diventi produttivo o vaffanculo”, Sportiello pare imbastire una visione tremenda del futuro se l’Europa (che nel film diventa Stati Uniti d’Europa, come a suggerirne una matrice federale) proseguirà con politiche sempre più repressive. Se si continuerà a vedere il P.I.L. come un dogma. Se continueremo a parlare sempre più di privilegi e sempre meno di diritti. E se ragionando sul fenomeno dell’immigrazione guarderemo prima di tutto al nostro portafoglio anziché agli sguardi disperati di persone che tentano di tutto per sopravvivere.