La giacca blu? Ma da quando Lupin III ha la giacca blu? In principio fu verde, poi rossa, per un breve periodo pure rosa, ma mai blu. Che la TMS Entertainment abbia intenzione di fissare un punto con questa scelta? Di proporre una rinascita del personaggio dopo anni di mortificazione a causa di mediocri special televisivi e crossover?
Già nel 2012 Lupin the Third – La donna chiamata Fujiko Mine, spin-off televisivo di 13 episodi diretto da Sayo Yamamoto (prima regia femminile per Lupin III), proponeva avventure molto più vicine alle atmosfere originali del manga di Monkey Punch, anche se la giacca del nostro era ancora verde. Per vederla finalmente blu dovremo aspettare i due progetti successivi, anch’essi in odore di vintage. Il primo, attesissimo, è un’ufficiale quarta serie (di cui è stato rilasciato il trailer in questi giorni) a 30 anni di distanza dalla terza (quella con la giacca rosa), ambientata in Italia, che vedrà Lupin III tornare alla guida della mitica Fiat 500 che glorificò Hayao Miyazaki a Cannes nel 1980 con Il castello di Cagliostro. Il secondo è questo lungometraggio presentato ieri in anteprima al Future Film Festival di Bologna, diretto da Takeshi Koike e pensato come doppio episodio pilota per una nuova serie spin-off (la seconda dopo quella di Yamamoto).
Con Lupin III: Jigen’s Grave Marker il nipote del ladro gentiluomo di Maurice Leblanc si riprende il suo immaginario rimasto sopito per troppo tempo, quell’incontro tra noir, pop, erotismo, avventura e commedia; miscela irresistibile delle prime storie cartacee di Lupin III che Koike riporta sullo schermo con tratti sporchi e graffiati. Torna la dimensione misteriosa che rende il nostro una sorta di Sherlock Holmes al contrario, con un enigma da risolvere e lo svelamento di un dettaglio che poi si rivelerà non essere ciò che pensiamo. Torna la violenza necessaria a ricordarci il terreno sul quale ci si muove: un mondo marcio in cui un manipolo di ladri non ne rappresenta la vera feccia, per quest’ultima vi conviene guardare nelle stanze del potere. Torna un turpiloquio che noi italiani non avevamo praticamente mai sentito, che colma subito la mancanza che il nostro orecchio inevitabilmente sente per le voci di Roberto Del Giudice e Sandro Pellegrini. Torna la nudità senza censure delle voluttuose curve di Fujiko Mine, per molti personaggio che segnò l’infanzia.
E tornano infine quei gesti anarcoidi di una vita al di sopra del sistema, quel codice etico nel quale sarà pure contemplata la visione del furto come un’arte, ma c’è anche una condotta morale che quelli che stanno dall’altra parte della barricata possono solo sognare. Tuttavia Lupin III non si monta mai la testa, non arriva mai al punto di crederci davvero di essere un buono, ma ogni volta che si presenta l’occasione affronta la faccenda come Jena Plissken nel finale di 1997: Fuga da New York. E la splendida scena che chiude questa avventura, avvolta nel fumo delle sigarette fumate con Jigen, ne è ulteriore conferma.