Una ragazza priva di legami affettivi e amorosi, Noa, (Daisy Edgar-Jones, Normal People) tenta, senza successo, di trovare l’amore grazie a una app di incontri che le propina un caso umano dopo l’altro. Un bel giorno, nel settore ortofrutticolo di un supermercato (teniamolo a mente per dopo), fa la sua apparizione Steve (Sebastian Stan, The Falcon and the Winter Soldier), affascinante medico chirurgo anch’egli solo, assente da qualunque social, con cui instaura fin da subito un fortissimo legame. Noa ha trovato l’amore vero e finalmente sembra realizzarsi tutto quello che si è sempre vista negare: un rapporto sereno con un uomo sinceramente premuroso, che non chiede i contanti in anticipo per pagare la cena al ristorante cinese. Cosa potrebbe mai andare storto in una fiaba così bella?
Fresh (su Disney+) e la carneficina che ne deriva hanno inizio a mezz’ora dai titoli di testa. La solitudine quotidiana di Noa funge solo da prologo nel primo thriller-horror di Mimi Cave (autrice di cortometraggi e già regista di alcuni videoclip di Vance Joy), prodotto da Adam McCay e girato con la collaborazione del direttore della fotografia Pawel Pogorzelski (Midsommar - Il villaggio dei dannati), che esplode poi in un connubio di arti mozzati, cannibalismo e bisturi: di colpo, Noa è utile “per il mercato”, la sua femminilità diviene pura carne da macello da rivendere a ricchi clienti che finanziano l’industria “casalinga” da cui il dottor Steve trae profitto.
Senz’altro, il corso degli eventi strizzano l’occhio a qualche dettaglio di The Handmaid’s Tale (il sostegno morale tra donne-schiave, la moglie che è sia vittima che complice, il messaggio nascosto scritto da una vittima precedente) o ad una macro-indagine sulla mascolinità tossica à la Una donna promettente (Emerald Fennell, 2020), senza cadere nei più classici stereotipi della donna urlante di fronte all’orrore o del villain che subisce un immotivato e repentino cambio di personalità.
Il dottor Steve, grazie ai brillanti dialoghi black humor che calzano alla perfezione, ci regala dei momenti “leggeri” che intervallano il susseguirsi delle varie dinamiche di violenza e conseguente vendetta. Sebastian Stan, col suo Steve, dimostra perfettamente di aver studiato a fondo i principi dei personaggi di tutti quei film che hanno fatto scuola nel genere cannibal horror (Hostel, Il silenzio degli innocenti, Raw).
Un punto in più che va ad accrescere un certo senso di malessere, va anche al sapiente uso del sonoro che si lega inevitabilmente non tanto alla vista, quanto al senso del gusto, in questo caso l’apice dell’orrore, poiché l’atto della violenza non viene mai mostrato: lo schiocco di denti e lingue, il tintinnio di una forchetta o il tonfo morbido di una mannaia restituiscono tutta la perversione del principe azzurro incontrato solo poco tempo prima in un corridoio colmo di ortaggi e frutta, inquadrato in campo lungo. Mimetizzato nell’apparente calma di una sera come altre, spunta silenzioso il cartello "Fresh Meats". A pensarci, mai così profetico e inquietante.