Più della fama può l’infamia, teorizzano due spiantati coinquilini sulla soglia dei trent’anni, vite perse di fronte alla tv nella speranza di un futuro di successo. Uno vorrebbe fare lo sceneggiatore, l’altro sfondare come attore. A legarli, oltre all’amicizia, l’indiscutibile mancanza di talento. Purtroppo abitano a Los Angeles, la cui comunità celebra qualunque forma di consumismo e trepida per l’imminente inaugurazione della nuova scritta di Hollywood. Come entrare nello showbiz dalla porta principale, senza perdere tempo con la gavetta?

Di satire attorno ai meccanismi della società dello spettacolo ne è pieno il cinema contemporaneo a tutti i livelli. Il filone è molto eterogeneo, da Il prezzo di Hollywood, Tropic Thunder, Disastro a Hollywood, Facciamola finita fino a Maps to the Stars e la serie-capolavoro Bojack Horseman. Quel che resta di Hollywood si preoccupa di prendersi in giro, mettendo a nudo ora la stupidità ora la spietatezza di un mondo che, avendo eletto la falsità a marca della propria realtà, ha finito per confondere le idee dei suoi fruitori (e non solo). In Nerdland al centro della scena ci sono proprio loro, due outsider, disperati ed egocentrici, alimentati e violentati dall’illusione di poter essere qualcuno.

Autore soprattutto di Seven e Il mistero di Sleepy Hollow, Andrew Kevin Walker ha scritto e prodotto la sua personale critica al sistema prendendo le loro parti. Ma quando alla fine gli antieroi, improvvisamente immuni all’overdose della celebrità a tutti i costi, vedono la nuova scritta sulla collina per ciò che effettivamente appare, il modus operandi di Walker nello squarciare il velo lascia perplessi. Al tratto spigoloso e acido del disegno corrisponde un approccio prevedibile e moraleggiante e personaggi spesso indovinatissimi (svettano l’orrendo e adiposo re dei Nerd, l’anziana vicina di casa, il titolare del negozio di abbigliamento) abitano episodi che, pur in una logica tessitura, rivelano una narrazione fin troppo magmatica.

Procedendo per accumulo, quasi avesse l’ansia di non dimenticare alcun esponente dell’industria dello spettacolo, Nerdland depotenzia la sua feroce ipotesi anarchica preferendo il facile ammiccamento alle bizzarrie nerd, dalla morbosa curiosità per lo splatter al feticismo del merchandising, retaggio di un’infanzia mai conclusa (d’altronde “i trenta sono i nuovi dodici”).