"…e il terzo giorno, risuscitò".

Terzo capitolo della saga ufficiale inaugurata nel lontano 1984 (il reboot al femminile del 2016 è infatti considerato come un tassello a parte, escluso dal conteggio ufficiale), Ghostbusters: Legacy è un’operazione tanto riuscita nel centrare l’obiettivo di intrattenere il pubblico con un’avventura dal sapore nostalgico,  quanto sensata per provare a riflettere sulle tendenze e le derive che l’industria cinematografica sta assumendo negli anni a noi più contemporanei. Procediamo con ordine.

Il titolo originale del film mette da subito le cose in chiaro. Ghostbusters: Afterlife è infatti più calzante rispetto al nostro Legacy. Questo perché l’intero progetto orchestrato da Jason Reitman (il figlio del celebre Ivan che fu dietro la macchina da presa dei primi due, leggendari, lungometraggi della serie) sembra finalizzato a riportare in vita il glorioso cult degli anni Ottanta. Non è una novità, anzi, ormai possiamo parlare senza paura di una vera e propria moda. Il cinema d’intrattenimento, ma più in generale la società contemporanea, da diversi anni sta sposando la causa della nostalgia.

In anni frenetici e sempre più cangianti, in cui sembra impossibile fermarsi per comprenderne l’essenza e dove tutto, persino l’identità dell’individuo, si fa labile e privo di certezza, è solo nel nostalgico sguardo del passato che il gusto e l’attenzione dei più hanno rivolto la propria attenzione. Nei ricordi d’infanzia troviamo una culla sicura e inossidabile alla quale fare ritorno per riportare in vita alcune certezze emotive di cui sentiamo il bisogno e che, oggi, sono sempre più difficili da ricreare.

Così, il terzo segmento della saga degli acchiappafantasmi è il capitolo della risurrezione. In questa parola, in questo concetto, c’è tutta l’indovinata intuizione di Reitman jr. Non è un autore alle prime armi, anzi, si è costruito una carriera ben riconoscibile e anche piuttosto stimabile. Dovessimo trovare un filo conduttore all’interno del suo percorso, probabilmente indicheremmo quello della famiglia: dai rapporti campati per aria (in tutti i sensi) di Tra le nuvole (2009) alla tata Tully (2018), passando ovviamente per la gravidanza di Juno (2007) o il “ritorno di fiamma” di Young Adult (2011).

Ghostbusters: Legacy, a sua volta, basa tutta la sua forma, sia narrativa che tematica, sulla famiglia. Reitman si spinge però oltre, provando a indagare il tutto anche in via metacinematografica: non vuole tornare agli anni Ottanta per pure esigenze commerciali, vuole tornare a quell’immaginario per fare i conti con la propria famiglia. Infatti, non solo ha vissuto il successo di Ghostbusters in quanto spettatore, ma soprattutto in quanto figlio del regista alla base del progetto.

Ora, dopo oltre trent’anni, è arrivato il momento di fare i conti con il suo passato (così come è accaduto nel medesimo periodo ad altri autori affermati, si vedano gli esempi più recenti di Paolo Sorrentino e Kenneth Branagh, rispettivamente con È stata la mano di Dio e Belfast), riportarlo in vita e abitarlo senza però venire meno alla propria cifra stilistica, alla propria voce. In questo, Ghostbusters: Legacy si dimostra una delle operazioni più consapevoli, appassionate e sincere prodotte negli anni più recenti.

Il film non vuole solamente ammiccare a un modello che ha fatto Storia, a un’epoca che non c’è più. Non si tratta unicamente di una grande operazione commerciale guidata dall’algoritmo che conosce tutte le regole del caso per attirare a sé i soldi di una determinata fanbase. Legacy è invece un film di Jason Reitman, in tutto e per tutto, che non ha paura di confrontarsi con il suo creatore (biologico e filmico) senza però evitare di mettersi in luce per quello che è. 

Così, del Ghostbusters originale ritroviamo la struttura, l’aria scanzonata, il divertimento e, perché no, alcuni oggetti cult. Eppure è impossibile non sottolineare l’autonomia di questo nuovo progetto, ambientato lontanissimo dai grattacieli di New York e interamente ritagliato su misura di ragazzi e ragazze. Gli adulti ci sono, ma vengono limitati a una presenza marginale.  

Legacy, quindi, ragiona sulla fine di un’epoca, di un immaginario che un tempo fu glorioso mentre oggi sopravvive solo grazie ai suoi spettri (letteralmente parlando) o a qualche video di bassa qualità caricato su YouTube. Il film non ammicca a un tempo che fu, piuttosto mette in scena la sua morte e, al tempo stesso, ne reincarna la resurrezione dimostrandosi, ad oggi, una delle migliori soluzioni trovate per guardare avanti rimanendo sempre ben connessi al passato.

Ghostbusters: Legacy acchiappa i precedenti eroi, o meglio, i loro fantasmi, e se li tiene stretti. Così, se sul finale vi ritroverete a versare qualche lacrima per aver assistito all’incontro con qualche spiritello che possa riportare alla vostra memoria qualcuno di caro o anche solo un volto a cui siete particolarmente legati, be', sapete già chi dovreste chiamare.