Gli Incontri del cinema d’essai di Mantova sono una manifestazione organizzata dalla Fice e rivolta principalmente ad esercenti cinematografici e distributori, ma aperta anche alla stampa e al pubblico cittadino. Il programma si compone di film (e compilation di trailer) la cui selezione risponde soprattutto al calendario dei listini di distribuzione, con proposte che anticipano di qualche settimana o mese le uscite nazionali. L’edizione 2022, che si è svolta dal 3 al 6 ottobre, è stata nettamente dominata dalla produzione europea. Molti titoli sono arrivati col blasone dei premi ottenuti nei principali festival internazionali.

Come Tori e Lokita dei fratelli Dardenne, premio 75° anniversario a Cannes, distribuito da Lucky Red, che rappresenta l’ultimo tassello di una filmografia precisa e coerente nel rappresentare chi vive ai margini delle società occidentali, in particolare gli immigrati e, come nel precedente L’età giovane, i minori – qui due fratelli ‘per scelta’, un bambino e una ragazza africani approdati in Belgio, dove tentano di sopravvivere tra la sopraffazione disumana della criminalità e la cecità ottusa delle istituzioni. Un racconto teso, essenziale e umanissimo, che resta incollato alla realtà e ai corpi dei due protagonisti, inseguiti nelle corse, fughe, salite e discese che scandiscono la loro odissea.

Ancora i bambini sono protagonisti di un altro film belga in programma, Il patto del silenzio (Un monde), opera seconda di Laura Wandel, anch’essa presentata a Cannes (dove ha ottenuto il Premio Fipresci di Un certain regard) e distribuita da Wanted Cinema. La piccola Nora cerca di integrarsi nelle dinamiche sociali della scuola elementare frequentata anche dal fratello maggiore. Un percorso fatto di accettazione e rifiuto, aggressività e bullismo, che la regista sceglie di raccontare, fuor di metafora, ad altezza di bambino. Adottando saldamente il punto di vista di Nora, e grazie alle straordinarie qualità espressive di Maya Vanderbeque, il film osserva senza filtri l’infanzia, con le sue fragilità e le sue asperità.

Anagraficamente opposta è la proposta di Tucker, che porterà in Italia a fine anno Plan 75, opera prima della giapponese Chie Hayakawa. Prendendo spunto da un fatto di cronaca che ha avuto grande risonanza in patria alcuni anni fa (la strage compiuta da un giovane in una casa di cura), la regista immagina un futuro prossimo in cui, a seguito di un simile evento traumatico, il problema dell’invecchiamento della popolazione venga risolto con il piano del titolo, una sorta di eutanasia di stato che gli over settantacinque anni possono intraprendere in cambio di alcuni benefit. Hayakawa intreccia molteplici storie sullo sfondo di una società burocratizzata che tenta di nascondere tra gli step assistenziali il definitivo allentamento dei legami sociali, riaffermando il valore irripetibile del singolo essere umano.

Citiamo infine lo spagnolo Prison 77 di Alberto Rodríguez, distribuito da Movies Inspired, che coniuga thriller politico e affresco storico in un prison movie ambientato negli anni della transizione dal regime franchista alla democrazia e delle lotte per l’amnistia, e l’inglese Boiling Point di Philip Barantini, che inaugura il listino di Arthouse, progetto nato dalla collaborazione tra I Wonder e Valmyn. Una frenetica serata in un ristorante stellato raccontata attraverso un unico ininterrotto piano sequenza che si snoda tra cucine, banconi, tavoli seguendo i percorsi incrociati dei personaggi in un crescendo di tensione che non concede mai tregua.

Accanto alle anteprime, la manifestazione propone anche incontri e convegni, oltre alla cerimonia di assegnazione dei premi Fice. Non c’è cinema senza sala è il titolo di un convegno durante il quale sono stati esposti i primi risultati parziali di una ricerca in corso, Le sale d’essai nella prospettiva degli esercenti. Elementi di auto-diagnosi nello scenario post-pandemia, affidata a Michele Casula di Ergo Research ed elaborata attraverso la somministrazione di questionari (hanno partecipato 130 sale Fice, ma l’obiettivo è raggiungere le 200).

A parte alcuni dati statistici relativi alle sale (il 60% delle strutture intervistate è monosala, con una media di 280 posti della prima/unica sala e una dotazione di proiettori per due terzi 2K e 4K per il restante terzo), l’indagine ha provato a valutare l’impatto del post-pandemia sul numero di spettacoli settimanali (diminuito per circa la metà delle sale ma rimasto sostanzialmente inalterato per un 40% e per un 9% addirittura aumentato) e sulla partecipazione del pubblico (che ha subito una flessione media del 49% rispetto al 2019 – anche si tratta di due periodi non equivalenti –, pur con significative disomogeneità tra le sale, con gli estremi di un 15% che ha subito un diminuzione di oltre il 70% degli spettatori e un 6% che li ha visti invece aumentare). Valutando inoltre il tipo di offerta delle sale (d’essai o anche commerciale) e le capacità di comunicazione delle sale con il proprio pubblico attraverso la creazione di database di spettatori e l’uso di social.

Una ricerca che punta a fotografare lo stato dell’arte e ottenere dati utili per elaborare strategie di settore nei confronti del pubblico e della distribuzione.