Autrice attenta al tortuoso percorso di emancipazione femminile nera (La baia di Eva, Self-made – La vita di Madam C. J. Walker), con Harriet Kasi Lemmons firma la sua opera forse più riuscita, sentito omaggio a una delle figure più emblematiche della storia afroamericana. La vita di Harriet Tubman, ex-schiava abolizionista poi guida per altri fuggiaschi e infine combattente nella Guerra di Secessione contro il Sud, diventa esempio significativo e mai sufficientemente sottolineato del contributo dato dalle donne afroamericane alla causa nera dalla schiavitù a oggi.
Il film evita i facili cliché hollywoodiani legati agli schiavi vittime della violenza dei padroni, capaci di sopportare più o meno stoicamente ogni forma di brutalità in previsione di un atteso riscatto o salvezza che passi possibilmente per una magnanima mano bianca. Harriet mostra invece l’autonomia e l’autodeterminazione nera nel rendersi liberi: i piani progettati nei minimi dettagli, il linguaggio codificato per non essere compresi dai sovrintendenti (esemplare in questo senso il reiterato uso allusivo di work songs, spirituals e blues), la cosiddetta “Ferrovia Sotterranea” – l’insieme di percorsi e luoghi di ristoro che costituivano rotte sicure e segrete per i fuggiaschi. Ma soprattutto la consapevolezza degli enormi rischi che tale impresa comportava, in particolare l’essere ricatturati o trovare la morte.
La rocambolesca fuga della protagonista costituisce allora l’ennesima variante del modello vogleriano del “Viaggio dell’Eroe”, il percorso iniziatico che attraverso una serie di prove porta il personaggio a una nuova consapevolezza e coscienza di sé. È quanto accade ad Harriet che, una volta conquistato l’agognato status di libertà, ne fa una prerogativa di valore universale, tornando più volte nel Sud per salvare il maggior numero possibile di schiavi, mettendo a rischio la propria vita ogni volta come fosse la prima. Soprannominata “il Mosè nero” e ricercata da padroni e cacciatori di schiavi, Tubman riuscì a condurre al Nord un centinaio di fuggitivi per poi schierarsi con l’Unione a capo di un plotone di 150 soldati neri divenendo una delle poche donne a guidare una spedizione militare.
Lemmons rilegge così una pagina significativa di storia americana, facendo della sua protagonista un modello eroico, mito passato e al contempo moderno. L’ennesimo tassello di una nuova mitologia nera, che integra e completa quella canonica nazionale attraverso la rievocazione di episodi e personaggi dimenticati o sconosciuti ai più attestanti l’indispensabile e spesso non ancora riconosciuto contributo afroamericano al progresso sociale e culturale statunitense.