L’assurdità del colonialismo si specchia nell’assurdità del non potervisi opporre nelle due storie parallele di cui è composto I giocatori di scacchi e che, come binari, sono destinate a intrecciarsi pur mantenendosi sempre equidistanti. La prima riguarda Wajid Ali Shah, il regnante di Oudh più interessato all’arte che alla politica, e al suo scontro col generale britannico Outram, interessato alla conquista del suddetto regno. La seconda storia si concentra su due oziosi proprietari terrieri – personaggi ricorrenti nel cinema indiano – ossessionati dal gioco degli scacchi al punto da obliare le rispettive mogli e la situazione politica circostante.
Vista la contestualizzazione storica – l’annessione forzata di uno degli ultimi regni indiani indipendenti - sarebbe lecito aspettarsi una narrazione densa e tesa. L’autore, Satyajit Ray, decide invece di mantenere il ritmo contenuto e adottare un registro da commedia grottesca. Di fronte ad una crisi politica, illegittimamente innescata dalla prepotenza di un generale britannico, il mite regnante non riesce a far altro che rassegnarsi suo malgrado, mentre il resto dell’élite dimostra il più sincero disinteresse.
Protagonista indiscusso dell’opera è il gioco degli scacchi, figurativamente quanto allegoricamente: passatempo di origine indiana modificato dagli inglesi, espressione della cinica logica del rischio calcolato, riduzione della guerra in un inoffensivo contesto ludico. La vicenda dei due incalliti scacchisti è perlopiù farsesca – tolta una sequenza dedicata all’abbandonata moglie di uno dei due, interpretata stupendamente da Shabana Azmi nonostante il ruolo secondario – mentre l’anima tragica dell’opera si condensa nella figura del sovrano.
Figura storica divisiva, re Wajid viene presentato come un debosciato senza la minima dedizione al suo ruolo. Giunti alla fine della storia è però impossibile non partecipare al dolore dell’uomo sensibile, l’esteta dal temperamento mite, nascosto sotto una corona troppo pesante per lui. Ray riesce a intrecciare due storie autosufficienti senza snaturarle, anche se talvolta il passaggio tra registro drammatico e comico è brusco e rischia di straniare.
Forse per questo motivo, al tempo della sua uscita, I giocatori di scacchi non ottenne un riscontro particolarmente buono da parte del pubblico benché la critica lo esaltasse.