Con quel gusto per il paradossale che i regimi totalitari possono permettersi di esibire non dovendo obbedire a nessuna regola, il primo lungometraggio di Carlos Saura, I monelli (Los Golfos, 1960), fu osteggiato dalla revisione preventiva – che restituì la sceneggiatura al regista con la richiesta di riscrivere settanta pagine su circa centoventi –, censurato di oltre dieci minuti nella versione finale ma poi selezionato per rappresentare la Spagna al tredicesimo Festival di Cannes. La Filmoteca Española ha condotto un complesso lavoro di restauro, comparando tutte le versioni disponibili, tra cui una copia depositata dallo stesso regista, che ha permesso di riportare I monelli alla versione presumibilmente presentata da Saura a Cannes e alla commissione censura, prima che venissero fatti i tagli richiesti e che il film venisse parzialmente rimontato con l'aggiunta e l'interpolazione di alcune inquadrature per non comprometterne la continuità.
Una didascalia iniziale ci informa che le riprese sono state girate "dal vero", negli stessi luoghi di Madrid in cui sono ambientate, una dichiarazione di realismo che qualifica il film come un documento della condizione dei giovani sottoproletari che abitano le degradate periferie urbane della Spagna franchista, come i sei protagonisti maschili (Julián, Ramón, Juan, El Chato, Paco e Manolo) che vivono di furti e di aggressioni, ma con un forte senso di solidarietà che unisce il gruppo. Vogliono infatti raccogliere abbastanza soldi per permettere a Juan di diventare un torero, coronando il suo sogno. Tuttavia presto scopriranno – come recitava una delle frasi tagliate dalla censura e che purtroppo non è stato possibile reinserire nel film perché ne rimaneva solo un breve frammento – che "È difficile diventare qualcuno qui". Il debutto nell'arena di Juan diventa, quindi, l'ennesima sconfitta del gruppo e l'accanimento sul corpo del toro, la cui collocazione al termine del film, senza alcun commento ulteriore, conferisce una risonanza determinante, un simbolo anche del destino della banda.
Saura riesce a legare in modo efficace suspence e approfondimento psicologico, fin dalla prima rapina alla tabaccaia cieca o nella scena del tentato furto del portafoglio nel locale "esistenzialista" (secondo la definizione della revisione preventiva). Nel tenerci con il fiato sospeso, la scena ci comunica anche la paura dei due ragazzi di essere scoperti e denunciati. Una paura che corre come un fil rouge lungo tutto il film e che, insieme al forte senso di solidarietà che li lega, umanizza i protagonisti, sovvertendo la tipica caratterizzazione di criminali invincibili o condannati a un tragico destino in qualche modo eroico. Certamente, questa dimensione umana del criminale non poteva piacere alla censura. Inoltre I monelli non mostra mai i sei ragazzi all'interno della vita famigliare, rendendoli a tutti gli effetti orfani e sovvertendo la celebrazione delle virtù famigliari tipica dei regimi fascisti e clericali. Il tentativo di fare esordire Juan diventa anche una ricerca del padre, in quanto i ragazzi devono per forza trovare un procuratore che si occupi dell'aspirante torero, prendendosene cura in tutte le fasi che precedono la prima esibizione. Una ricerca continuamente frustrata, fin dal primo impresario, che illude Juan con lusinghe ma che non lo lascia esibire, e destinata a rivelare uomini sempre più loschi e senza scrupoli, come i padri dei regimi totalitari.