Michael Cimino, come in altre occasioni durante la sua carriera, non ebbe vita facile durante la lavorazione de Il Cacciatore. Le difficoltà produttive furono varie, la ricerca delle location in Thailandia fu molto complessa, le condizioni climatiche a volte sfavorevoli rallentavano la lavorazione e ci fu un colpo di Stato durante le riprese, anche se questo non portò seri problemi in quanto il comitato rivoluzionario garantì la sicurezza della troupe. In aggiunta vi furono lotte tra la produzione, che tagliava senza curarsi troppo del parere del regista e Cimino che “come Penelope” di notte reintegrava le parti mancanti.

Molteplici sono gli aneddoti su questo importantissimo film, dal sempre metodico Robert De Niro, che volle incontrare gli operai della fabbrica dove avrebbe lavorato Mike Vronsky (il personaggio da lui magnificamente interpretato), all’assenza di stuntman nella scena del lancio dall’elicottero, a svariate improvvisazioni e schiaffi per conferire maggiore carica realistica e drammatica alle scene. Il Cacciatore è un film in tre atti che tiene al suo centro il Vietnam, ma parla anche di fratellanza, di amicizia virile (e non) e di amore. Tutto sullo sfondo di una comunità operaia nella quale tre amici decidono di partire e servire il proprio Paese, esperienza che porterà a un cambiamento irreversibile in tutti, anche se in maniera differente.

In Italia giunse una versione tagliata di circa 30 minuti e l’accoglienza non fu particolarmente calorosa, in quanto venne da più parti giudicato reazionario per la rappresentazione dei Vietcong. Oggi come allora sembra una lettura piuttosto miope poiché, utilizzando le parole di Morandini, “Cimino e il suo sceneggiatore Deric Washburn si pongono nei confronti della guerra del Vietnam in un atteggiamento etico, non politico. Eppure l’ossessiva insistenza sul tema della roulette russa dovrebbe aprire gli occhi anche ai più ottusi: è un tema che acquista un valore di metafora sulla guerra – su quella guerra – che cancella la linea di separazione tra ragione e follia, coraggio e ferocia, amici e nemici”.

Il film ricevette 9 nomination agli Oscar aggiudicandosi 5 statuette tra cui miglior film, miglior regia e attore non protagonista a Christopher Walken. Oltre all’Academy vi furono altri riconoscimenti illustri per la fotografia di Vilmos Zsigmond che assieme a un parco attori in stato di grazia contribuisce in maniera inequivocabile alla grandezza estetica di uno dei film più importanti nel suo genere.

Il cacciatore è stato anche l’ultima interpretazione di John Cazale, morto prematuramente il 13 marzo 1978 per un cancro ai polmoni, senza nemmeno riuscire a vedere il film finito. La sua interpretazione di un personaggio torbido, debole e malinconico è certamente valorizzata dalle condizioni nelle quali la malattia e le cure lo riducevano, in quanto  l’intensità del suo lascito cinematografico è altissima. Anche in questo caso ci furono contrasti con la produzione che, saputo della sua malattia, cercò di sostituirlo scontrandosi con la volontà di Cimino, Meryl Streep (sua compagna di vita) e del resto del cast.

La situazione si sbloccò solamente grazie a Robert De Niro che coprì di tasca propria le spese assicurative, rendendo possibile la grandezza del personaggio di Stosh che, seppur secondario, è molto importante ai fini narrativi. La copia è stata restaurata in 4K da Studiocanal nel 2018.