Chi siamo? Questo interrogativo rappresenta la premessa che genera gli eventi di Pane e cioccolata, film del 1974 realizzato dal poco prolifico Franco Brusati che si colloca magnificamente nel filone della commedia all'italiana per la tragica ironia con cui maneggia il tema spigoloso dell'identità nazionale. Il corpo in cui si concretizza questa acuta indagine è quello di Nino Manfredi, uno tra i maggiori esponenti dell'italianità e qui chiamato invece a ricoprire il ruolo di un emigrato ciociaro in Svizzera mosso da un sentimento tutt'altro che patriottico.
Una scrittura (a firma dello stesso Brusati, affiancato dalla drammaturga Iaia Fiastri e da un inedito Manfredi) attenta a coniugare il surrealismo delle gag ad una pertinente ricostruzione dei costumi e del contesto sociale rende possibile una successione di accadimenti in cui il protagonista Giovanni Garofoli, nel disperato tentativo di scostarsi dalla superficiale caricatura dell’italiano medio, finisce per confermarne i luoghi comuni. Alla repulsione nei confronti delle proprie radici ed alla carenza di opportunità concesse da un’Italia che dopo l’euforia del miracolo economico stava attraversando l’incubo degli Anni di piombo, si contrappone un’idealizzazione della condizione svizzera, agognata in quanto società evoluta nella quale Garofoli tenta disperatamente di integrarsi.
Un sogno destinato a fallire a causa della persistenza di un’innata indole estranea alla disciplina. Colto in flagrante da una coppia di turisti che accidentalmente lo immortalano in uno scabroso atto di minzione in luogo pubblico, l’uomo viene espulso dal paese, vedendo così sfumare l’utopia di un futuro roseo in terra d’oltralpe. Al ritorno in Italia, Garofoli preferisce tuttavia la clandestinità, al fine di trovare un modo per riacquistare il permesso di soggiornare nel paese che tanto ammira. Gli equivoci ed i patetici espedienti architettati, dalla convivenza con una rifugiata politica greca (Anna Karina) alla concessione di una malriposta fiducia nelle mani di un industriale sull’orlo della bancarotta (Johnny Dorelli), fino alla ricerca di appoggio presso alcuni connazionali parimenti disperati, non fanno altro che confermare come l’aspirazione di “Nino” non sia altro che un miraggio destinato a generare un perenne stato di disillusione. Il fondo sarà toccato con l’episodio di in cui Garofoli si unisce ad un gruppo di tifosi di calcio svizzeri, cercando di integrarsi grazie allo sfoggio di un’improponibile chioma platinata.
La farsa regge fino al goal della nazionale italiana, con la conseguente esultanza che non solo coincide con l’attesa agnizione che rivela ai presenti la reale identità dell’infiltrato, ma anche un’epifania del personaggio nei confronti di sé stesso. E’ questo il punto di rottura che stabilisce la resa di Garofoli nei confronti del proprio essere. La svolta che lo conduce alla consapevolezza di non poter reprimere la sua natura, di non essere in grado di adeguare il suo comportamento ad una società a cui non appartiene, oltre che la prova definitiva di come sia impossibile smettere di essere italiani. Un apparente epilogo estremamente amaro, intriso del sapore acre della sconfitta. Brusati pare voler onorare fino in fondo la tradizione del cinema italiano già citato qui in apertura, attribuendo a questa frenetica avventura una conclusione dissonante e decisamente più greve, quasi disperata.
Ma questo è solo l’epilogo “apparente”, quello a cui approderebbe un carattere rinunciatario e definitivamente stremato dalle difficoltà della propria esistenza. Non è questo il caso di Giovanni Garofoli, il quale ci ricorda come sia sempre possibile praticare una scelta riguardo alle nostre azioni, e per esteso anche alla nostra identità. Possiamo ammettere di essere dei caotici arrivisti, un po’ fannulloni e spesso ingenui, ma consci delle nostre mancanze possiamo scegliere di perseverare nel colmarle. In uno scomparto affollato di individui che inneggiano con leggerezza alla loro rassegnazione, possiamo alzarci, tirare il freno d’allarme, scendere dal treno e attraversare a piedi il Traforo del Sempione per riprendere la nostra battaglia contro la mediocrità.