“Una specie di strana, enorme dissolvenza incrociata: fra il muto che si va spegnendo lentamente e il sonoro che emerge”. La raffinata metafora di Giovanni Buttafava si riferisce a un periodo di transizione che dura almeno un lustro, grosso modo dall'inizio degli anni Trenta. Nell'Unione Sovietica di quegli anni, solo alcuni cinema dispongono dell'attrezzatura necessaria alla proiezione di film sonori, così continuano ad essere prodotti film in entrambe le modalità; in più si proiettano anche film muti sonorizzati e film sonori, per così dire, "ammutoliti". Se, come ricorda Peter Bagrov, la registrazione del sonoro, sempre difficoltosa, comporta un irrigidimento nella recitazione e costringe gli attori a scandire le parole in modo macchinoso, al contrario, i film muti di quegli anni mostrano una straordinaria naturalezza e fluidità nella recitazione, proprio come accade in Il principe ereditario della repubblica. È però d'obbligo aggiungere che in questa deliziosa pellicola, dimenticata per anni, a risultare determinante è l'efficace direzione di Ėduard Ioganson, regista molto amato dagli attori per la sua abitudine di strutturare le scene in anticipo, provando prima delle riprese proprio come si fa in teatro.

All'inizio del film, durante una romantica notte bianca, Natasha confessa a Nikolaj di essere incinta. Lui non vuole diventare padre: pensa che il bambino ostacolerà il suo lavoro di architetto. Decide perciò di andarsene e accetta l'ospitalità di un amico, in uno studio in cui abitano altri tre architetti. Tempo dopo uno di loro, Andrej, aiuta una donna (in realtà la stessa Natasha) a reggere suo figlio, ma per un imprevisto si ritrova solo con il bambino in braccio e perde di vista la madre. Nonostante il figlio non sia suo, decide di portarlo a casa e di crescerlo insieme agli altri amici. Il tempo passa e la singolare avventura spinge gli architetti ad ammorbidire l'atteggiamento da scapoli incalliti, a disconoscere i principi dell'avanguardia e ad abbracciare una nuova visione umanista. Anche Nikolaj, che ha ormai compreso di essere il padre del bambino, si pente del proprio comportamento. Natasha, però, non lo perdona e preferisce Andrej, che ha dimostrato di essere affezionato al bambino più del vero padre.

Non fosse per il finale (ancora oggi tutt'altro che scontato), la trama del film potrebbe ricordare una commedia slapstick all'americana. In realtà, Il principe ereditario della repubblica può essere inscritto in un genere destinato ad una grande fortuna nel cinema sovietico dei decenni successivi: il cosiddetto lyrical drama, sorta di commedia caratterizzata da una comicità psicologica. La pellicola di Ioganson è un gioco elegante, in cui una vicenda da kamernoe kino (cinema 'da camera') oltrepassa le mura domestiche, conttribuendo così a  e permeare di affettività persino una città come Leningrado. Se, da un lato, l'effetto è sostenuto dalla delicata fotografia high key di Georgij Filatov, a livello della messa in scena resta comunque stupefacente l'attenzione per la dimensione intima, di lì a poco fortemente criticata. Nel corso degli anni Trenta, infattil, l'organizzazione degli spazi interni diventerà fonte di dibattito, in particolare con l'accusa di Vsevolod Vishnevskii (1937), il quale sosteneva che la 'scala ridotta' del kamernoe kino non potesse cogliere la dimensione monumentale dell'eroismo sovietico. All'attacco rispose anche Béla Balázs, affermando che la dimensione monumentale dell'eroismo doveva intendersi su scala umana.