Dentro e fuori. Immersi in un racconto, lontani dalla nostra realtà. Da sempre l’uomo ha un bisogno disperato di storie. Siamo dunque subito invitati ad entrare nel teatro di posa dov’è riprodotta la scenografia dello stesso film e ad assistere, timidamente, ad un evento avvenuto nelle Midlands irlandesi nella seconda metà dell’Ottocento che ha del miracoloso: una ragazza poco più che adolescente, “il prodigio” Anna (Kila Lord Cassidy), non mangia da quattro mesi ed è in perfetta salute.
Lelio ci avverte: è una storia e in quanto tale possiamo affidarci alla sospensione dell’incredulità. scegliere se crederci ciecamente, costruirci delle opinioni e, soprattutto, da che parte stare. Non c’è altro, è tutto lì. Addirittura, Lelio inizia il suo racconto svelandoci dapprima il “trucco”, con tanto di impalcature, attrezzi da set e voce off screen di Niamh Algar che sveste i panni di Kitty, sorella di Anna. Il fatto è che siamo umani ci dimentichiamo immediatamente che dietro c’è un inganno. E allora ci crediamo davvero.
Crediamo al continuo susseguirsi delle convinzioni personali e morali di ogni personaggio (un’infermiera, un’adolescente, un medico, un sacerdote, una suora, un giornalista) che portano lo spettatore alla ricerca di una propria verità, ma mai in modo lineare. Una volta che balena un’idea specifica o pensiamo di aver saputo comprendere cosa è giusto e cosa è sbagliato, ecco che qualcun altro ci presenta la propria versione dei fatti. Di certo non aiutano la glacialità e il sospetto che ognuno dei personaggi nutre nei confronti dell’altro. E giungiamo sempre alla conclusione di non non avere la soluzione in mano.
Ci affidiamo così all’infermiera Lib (Florence Pugh), portavoce della realtà scientifica e razionale, che si prodiga nello sciogliere i nodi e portare a galla i segreti di una famiglia bigotta, dedita al fanatismo religioso, che agisce senza un motivo del tutto equilibrato, almeno così pare a noi. Ma in questa eterna lotta tra scienza e religione non sono rari i momenti in cui mettiamo in dubbio l’operato di Lib, schiacciata com’è da certe ferree convinzioni. Sicuro, dentro, il setting, le luci e la fotografia danno la parvenza di essere in una dimensione simil-medievale, di oscurità e di sospetto, tutto l’opposto di ciò che succede fuori nel pieno fermento della Seconda Rivoluzione Industriale.
Dopo lo svelamento di una verità ultima e giunti alla conclusione della storia, ci ricordiamo dell’avvertimento iniziale. Usciti dai fili intricati della storia, torniamo al punto di partenza e in noi, consci di essere rimasti così insaziabilmente coinvolti e traumatizzati dalla potenza di un racconto, ora con nuova, nostra verità. Dentro e fuori.