Nel 1998 esce in sala per la prima volta Totò che visse due volte di Daniele Ciprì e Franco Maresco. Molti anni dopo, grazie al restauro in 4K realizzato dal laboratorio de L’immagine Ritrovata con la supervisione del direttore della fotografia Luca Bigazzi e promosso dalla Cineteca di Bologna, il film torna in sala. La prima volta che Totò che visse due volte venne presentato in sala, come ricorda Maresco, c’era solo Ciprì, così per questa seconda vita del film anche lui ha avuto l’opportunità di introdurlo. Totò che visse due volte è stato l’ultimo film su cui si è abbattuta la censura, vietandone in principio la visione a tutti e poi limitandone la visione ai maggiori di diciotto anni. Quest’ultima azione ebbe una breve durata perché come ricorda Maresco: “Il film tornò nelle sale per qualche tempo, poi però arrivò la notizia che eravamo indagati per tentata truffa ai danni dello Stato ed anche per vilipendio alla religione di stato.”. Successivamente a queste denunce il film venne definitivamente ritirato dalle sale che erano già state costrette a toglierlo dalla programmazione a causa del terrorismo perpetrato dalle persone indignate: “gli esercenti toglievano il film perché c’era chi imbrattava di escrementi e chi telefonava per dire che c’era una bomba.”.

Totò che visse due volte è l’estrema descrizione di una subumanità straziata e repellente, già messa in scena da Ciprì e Maresco sia per Cinico Tv sia ne Lo zio di Brooklyn, dove la violenza e l’angoscia sono l’unica certezza. Anche una questione come il cibarsi viene portata agli estremi con i personaggi che non mangiano, ma letteralmente si abbuffano come i porci o i ratti che riempiono le strade e gli interni della pellicola. Il film è diviso in tre episodi legati fra loro dai personaggi e che confluiranno nell’episodio finale in cui due dei tre protagonisti, i ladroni, sono crocifissi e sulla terza croce verrà messo un matto e non il Messia Totò poiché esso è stato sciolto nell’acido dai mafiosi e dal loro capo Don Totò.  Come ha raccontato Maresco: “Uno dei drammi di questo film è che non si parlò mai del film, ma dello scandalo. Il dramma era sulla porcheria, sul fatto dello Stato, su Forza Italia che faceva interrogazioni ai parlamentari capitanati dall’agguerrito Rossetto. Anche Veltroni in una puntata del programma di Costanzo non ebbe il coraggio per tutto il tempo di dire il titolo del film. C’era proprio una sorta di distanza però, effettivamente, ci fu anche molta solidarietà da parte di Bertolucci ed altri, ma del film comunque non si parlò. Quando poi è stato portato in Francia nel 2008 ha avuto un’attenzione notevole da parte del pubblico e della critica, sia positiva che negativa, che almeno aveva visto il film, invece in Italia fu ancora una volta ignorato. Ci fu una puntata di un programma in cui Zeffirelli parlò incazzato del film e quando il conduttore gli chiese se l’avesse visto lui rispose che non voleva lordarsi gli occhi con questo genere di cose.”.

Totò che visse due volte negli anni Novanta fu un film che, come Lo zio di Brooklyn, era una specie di “corpo estraneo da tutti i punti di vista”. Maresco ha anche parlato del contratto inizialmente stipulato con Aurelio De Laurentiis che però finì in polemica e non portò al film alcun finanziamento: “Noi non avevamo una lira. Così questo film nasce con Rean Mazzone che mette insieme un gruzzoletto e io convinsi via telefono Andrea Occhipinti (ora della Lucky Red) […] ed anche Angelo Guglielmi che allora era il presidente del Luce. Fu così approvato dalla commissione e ottenemmo il finanziamento di un miliardo e 270 milioni che, è bene ripetere, noi non abbiamo mai visto. Infatti non ci siamo rovinati con gli avvocati perché l’avvocato che volle difenderci fu Guido Calvi che è stato anche quello di Pasolini. […] Se non fosse arrivata quella batosta dei giudici sicuramente il film avrebbe avuto quel finanziamento bloccato invece dallo Stato. Da quel momento noi siamo stati praticamente banditi, io non ho mai rimesso piede su Rai Tre, a parte le scorribande notturne a Fuori Orario. Questo è andato avanti con tutti i direttori di Rai Tre che ho sempre provato a contattare, ma con cui non sono mai riuscito a fare niente, spesso non ho ricevuto neanche risposta. Diverso è il discorso su Rai Cinema su cui infatti uscirà il mio nuovo film La mafia non è più come una volta.”.

E sempre secondo Maresco il film è ancora oggi attuale perché: “Totò che visse due volte si porta via quel decennio che noi avevamo iniziato con i grandi delitti di mafia e si chiudeva con una cupa riflessione e nerissima previsione di quello che sarebbe avvenuto successivamente.”. Venne girato nel 1997 e finito quello stesso anno, ma con “una serie di disastri, peraltro anche personali e luttuosi. […] Fu veramente un periodo cupo di grande fatica in cui vita personale e professionale si intrecciarono totalmente. Fu infatti difficile per tutti tenere un set di grandi litigi, si partì con entusiasmo, ma poi tutti litigarono fra loro anche violentemente.”. La Palermo descritta nel film è lo specchio di una società distrutta, come se il mondo sottoproletario di Pasolini continuasse a vivere in un film carico di onirismo macabro e grottesco, attinto dall’opera cinematografica di Carmelo Bene, e di un surrealismo vicino al Buñuel di Intolleranza: Simon del deserto e non solo. Ciprì e Maresco volevano dire certe cose dal forte impatto “attraverso un modo di riflettere quello che noi stiamo vivendo, ma che si viveva ovviamente allora” con un “film disperato, nichilista (come sosteneva la critica), ma al cui interno c’era tutto il mostruoso che questo paese contiene, un nulla e una perdita di senso.”.