Ne Il verdetto, film muto del 1919, Grace Norton (Florence Reed) è la prima donna della storia a essere chiamata a far parte della giuria di un processo penale nello stato di New York. Il caso si presenta lineare: i testimoni accorsi subito dopo lo sparo hanno visto Jim O'Neil (Gareth Hughes) con la pistola in mano davanti al cadavere del principale che lo aveva da poco licenziato. Grace però ha dei dubbi.

John M. Stahl anticipa di quasi vent'anni la presenza femminile nella giuria di un tribunale di New York (avvenne nella realtà solo nel 1937) e si interroga fin dalla discascalia iniziale sull'opportunità di una tale ipotesi. Argomenta sul tema con brio e capacità di intrattenimento, sfruttando con arguzia lo stereotipo “donna emotiva/uomo razionale”: mostra una Grace incerta e lacerata dal vedere alla sbarra un imputato dall'aria tenera, cui la vittima ha in passato causato grande sofferenza, e la fa intuire probabilmente incapace di giudicarlo con obiettività; sotto sotto però già si compiace del colpo di scena finale che ha in serbo per gli spettatori, e che li porterà a uscire dalla sala con qualche certezza di meno di quante ne avessero prima.

Nulla di sopra le righe, naturalmente, in un giallo processuale con soavi tocchi di umorismo e uno sguardo glamour alla mondanità newyorkese del tempo, ma l'occhio di Stahl si fa subito intuire dalla parte dei suoi personaggi femminili, sia nel racconto di uno stupro raccapricciante, sia nel mostrare la sufficienza ottusa dei giurati uomini verso Grace a porte chiuse. Concede anche, in maniera inusuale per l'epoca, un lieto fine al colpevole, sebbene solo dopo essersi premurato di far conoscere la natura riprovevole della vittima. Così facendo riporta però un certo grado di ambiguità sul tema originario, ovvero se una donna sia adatta a giudicare gli altri in un tribunale.

D'altronde Il verdetto è un gioco di specchi, e il tocco unico di Stahl sta proprio nel far baluginare per un attimo le sfumature sottili. La sua attenzione alla psicologia umana, che si manifesterà poi pienamente nei film sonori, è già evidente qui, nel dettaglio sugli sguardi dei suoi personaggi e sul loro intersecarsi nelle scene processuali. E se l'intepretazione di Florence Reed, grande attrice di teatro, è adeguata ma di maniera, secondo i dettami dell'epoca, quella di Gareth Hughes è davvero straordinaria, e indimenticabile è il brutale interrogatorio di polizia in cui sembra la versione ante litteram di Peter Lorre in M – Il mostro di Düsseldorf.