Disperazione, suicidio, solitudine, alienazione e arrivismo: solo un gigante del cinema come Billy Wilder poteva affrontare questi temi e costruirci intorno una delle più belle commedie romantiche di sempre. È il 1960 quando esce L’appartamento, storia di un anonimo impiegato (Jack Lemmon) che per fare carriera mette a disposizione di diversi dirigenti, con relative amanti, il suo appartamento, fino a che l’incontro con la dipendente interpretata da Shirley MacLaine non lo porterà a riconsiderare la sua vita.
È inarrivabile la capacità di Wilder di intrecciare dramma e leggerezza, amarezza e divertimento, di essere insieme popolare e sofisticato, con il calore e l’empatia di un film di Frank Capra ma con uno sguardo lucido e spietato sulla condizione umana e sulla modernità. Nel personaggio di Lemmon infatti, sotto ad una patina di simpatia e bonarietà, si legge chiaramente in controluce la feroce critica del regista alla società americana del tempo: un mondo dominato dalla sfrenata ambizione, dall'individualismo e dai compromessi, dove tutto si può vendere per il giusto prezzo, dove lavoratori anestetizzati dalla pubblicità si raccolgono in cattedrali di scrivanie, sospesi tra Kafka e Fantozzi.
Pur con la scrittura brillantemente euclidea di Wilder e I. A. L. Diamond, le stupende interpretazioni degli attori (grandissimi i caratteristi), l’abbacinante bianco e nero di Joseph LaShelle, quel meccanismo perfetto che è L’appartamento non funzionerebbe senza l’incantevole colonna sonora di Adolph Deutsch, la cui musica, classica strumentale con influenze jazz, accarezza il film con soavi e seducenti melodie di piano, sassofono e violini per raccontare le emozioni nascoste (Lonely Room, Hong Kong Blues), e lo riempe con slanci di trombe per incorniciare i momenti più allegri (Office Workers, This Night). Ci sono poi alcuni brani originali, come There Is a Tavern in the Town (F. J. Adams ) e Little Brown Jug (Joseph Winner), che contribuiscono a restituire una sensazione di allegria forzata che sfiora il patetico nelle scene del party aziendale di natale. Ma soprattutto c’è il tema principale (originariamente intitolato Jealous Lover ma rinominata Theme from The Apartment per il film) scritto da Charles Williams negli anni quaranta. Un brano gershwiniano, struggente, intenso e romantico ma anche delicato, elegante e leggero, un leitmotiv che si abbina perfettamente allo spirito del film.
Vero e proprio archetipo del genere commedia romantica, L’appartamento ha influenzato, tra i tantissimi altri, film come Manhattan di Woody Allen o Harry, ti presento Sally di Rob Reiner: la corsa a perdifiato, nel finale, di Shirley MacLaine lungo le strade di Manhattan per raggiungere l’amore è la stessa di Woody Allen e Billy Crystal (in Harry, ti presento Sally c’è anche la stessa festa di capodanno con la stessa canzone tradizionale scozzese cantata a cappella, Auld Lang Syne). Un omaggio ad un film che, dopo quasi sessant'anni, non è invecchiato di un giorno.
In collaborazione con Leitmovie