Un fuoco ribolle nella Londra vittoriana. L'affermato dottor Jekyll vede i suoi appetiti sessuali negati dalla pudica borghesia del tempo che non può sopportare la complessità di un individuo al tempo stesso intellettuale e sessualmente attivo. Secondo il senso comune borghese infatti l'identità di una persona è chiara e definita. Jekyll crede invece che nell'umano ci sia una doppia natura, una razionale e una istintuale. La sua impresa di scindere le due nature dell'uomo per sviluppare l'istintualità è un atto eversivo per liberare nuove potenzialità nell'uomo. È paradossalmente una missione spirituale.
Anche Mamoulian, inventore pazzo della prima Hollywood sonora, crede che il cinema sia ben più complesso di quanto gli studios hanno fatto credere con la loro standardizzazione dei nuovi apparecchi per il cinema sonoro. E che lo spettatore sia un'entità più mutevole del pubblico da teatro filmato che molti talkies immaginano. Per questo fin dalla prima scena lo spettatore assume direttamente lo sguardo in soggettiva del protagonista multiplo. Nell'affermazione di Jekyll che l'uomo sia doppio si può rilanciare certamente un parallelo con Mamoulian, che crede che incarnati nei suoi personaggi ci siano tanto l'attore quanto lo spettatore. Anche per Mamoulian si tratta di scoprire nuove sensibilità sconosciute nell'umano.
Non si tratta solo di identità nettamente scisse, ma fluide, quasi prevedendo i futuri discorsi sulla liquidità del concetto identitario. Le trasformazioni di Jekyll in Hyde assumono prima un valore puntuale, manifestandosi come trucchi generatori di stupore, ma a un certo punto diventano incontrollabili e si passa istantaneamente dall'uno all'altro senza soluzione di continuità. Perché la parte animale, quella di Hyde, è naturalmente umana quanto quella spiritual-razionale di Jekyll. Lo stesso cinema di Mamoulian è fluido, affrontando generi diversi, erodendo la linearità narrativa con invenzioni visuali, mantenendo costante solo quella spiccata attitudine melodrammatica all'intensificazione delle emozioni. Un cinema istintuale, attraversato da ferali rotture attrazionali (simbolismi, dissolvenze, sovraimpressioni, split screen e piani ravvicinati).
Se il film risulta ambiguo nel piacere dell'home invasion finale alla casa borghese, si rivela però molto meno ambiguo quando si tratta di rappresentare la violenza, tanto psicologica quanto fisica, sul corpo della donna. Il sadico Hyde costringe la prostituta Ivy a una performance canora rimandando al trattamento misogino fatto di soggezione psicologica che compie la regia sul corpo divistico femminile. Quella totalità che l'atto d'amore promette si frantuma nella pulsione irrefrenabile verso il corpo-oggetto della donna dell'animale Hyde. In una delle scene più memorabili e meglio rimaste intatte nella loro finezza registica, la macchina da presa mantiene uno stupro-omicidio nel fuori campo soffermandosi piuttosto su una riproduzione dell'Amore e Psiche del Canova. Come se proprio negli ultimi istanti di una vita la macchina da presa dovesse prendere una decisione etica, definire i limiti dell'azione istintuale e mantenere ferma la propria fede sullo spirito umano.