Victor (Daniel Auteuil) e Marianne (Fanny Ardant) sono sposati ormai da tempo. Genitori di un figlio, lui è un disegnatore ormai disoccupato, lei una psicanalista amante della tecnologia. Lui sempre con lo sguardo rivolto al passato, cercando di sfuggire una realtà di cui non si sente parte. Lei sempre alla ricerca di nuovi stimoli, cercando di sfuggire l’invitabile vecchiaia. Victor e Marianne sono una coppia in crisi, ormai da un po’. Crisi che esplode una sera in cui lei manda via da casa suo marito. Per Victor l’unica ancora di salvezza è l’offerta di Antoine, amico di suo figlio, il quale gli propone di partecipare a una delle sue perfette e maniacali ricostruzioni storiche. Così, Victor decide di abbandonare l’era moderna e di andare a rincontrare sua moglie nel 1974, il giorno in cui si sono conosciuti. Ed è proprio nei finti anni 70 che incontrerà Margot, l’attrice che interpreta Marianne da giovane, che farà sentire nuovamente vivo l’ormai anziano Victor.
La belle époque è il nuovo film di Nicolas Bedos, nel quale ritroviamo una storia d’amore con tutte le cicatrici causate dal tempo (come ci ricorda anche la precedente opera del regista Monsieur et Madame Adelman, 2017). Inizialmente vediamo una macchina da presa in continuo movimento. Un movimento disordinato che rispecchia le diverse scene presentante dal film: la relazione ormai logora dei due protagonisti, i finti scenari storici messi in piedi da Antoine e la sua complicata e passionale relazione con l’attrice Margot. Ma l’inquadratura diventa più stabile con il salto indietro nel tempo, caratterizzato dalla luce calda e avvolgente del ricordo. Daniel Auteuil e Fanny Ardant sono la perfetta rappresentazione di nostalgia romantica e di effervescente voglia di vivere che, insieme, danno vita ad un continuo oscillamento tra l’accettazione e il rifiuto del tempo che passa. Brillante anche la performance della bellissima Doria Tillier, interprete di Margot, che colora di spontaneità e tristezza tutta l’opera di Bedos.
La belle époque è un film che parla dell’arte di recitare e dell’inesorabile tempo che scorre via. È un’opera che ci racconta di un continuo proiettarsi al di fuori di sé. Al di fuori del proprio tempo, nel caso di Victor e Marianne, e della propria vita, tramite la recitazione, nel caso di Margot. Tuttavia, come già aveva capito Aristotele, il teatro e in questo caso il cinema (sia da attore che da spettatore) non è altro che una forma di catarsi, in cui uscendo da sé stessi, ci si riappropria della nostra essenza. Ma principalmente La belle époque rimane un inno all’amore e, sebbene la trama abbia alcuni aspetti piuttosto banali, l’intera opera non manca mai di ironia e piacevolezza. È un inno all’amore passato, all’amore tormentato, all’amore che si trasforma ma che, alla fine, rimane nel nostro quotidiano e dà un po’ più di senso alla nostra vita.