La Nouvelle Vague aveva il Sessantotto. Louis Garrel ha la rivoluzione ecologica. Il regista continua il suo progetto seriale e si ripropone nei panni dell’alter ego Abel, dallo sguardo sempre più simile a quello di Doinel. Ma, a dispetto del titolo, La crociata è più un film sui crociati, sulle loro vite, fedi e idiosincrasie.

Come nel precedente L’Uomo fedele (2018), Garrel è affiancato nella sceneggiatura da Jean-Claude Carrière, scomparso nel febbraio 2021 e da tempo interessato ai problemi ecologici. L’autore nel 2009 apriva Non sperate di liberarvi dei libri, intervista con Umberto Eco, con alcune riflessioni sull’acqua e l’Africa nate in margine al forum di Davos del 2008. Ne La crociata la salvezza del pianeta è un orizzonte lontano e la satira si concentra sullo scontro sociale e generazionale.

Il tono non è violento ma divertito e si avverte sin dall’inizio: ne L’uomo fedele era la notizia di una gravidanza inattesa a turbare l’equilibrio della vita domestica di Abel e Marianne (Laetitia Casta), mentre La crociata si apre con la scoperta dei furti casalinghi del giovane Joseph (Joseph Engel), che di quella gravidanza è il frutto. Subito le urla dei genitori sfumano nel ridicolo quando il figlio fa loro notare che non si sono accorti di nulla anche se i furti risalgono a diverse settimane prima.

La tensione famigliare, sociale e generazionale viene sistematicamente disinnescata in una storia, in cui si fa fatica a intravedere una figura pienamente positiva. Anche il mondo dei ragazzi non è risparmiato. Anzi, sembra già pervaso da alcuni problemi degli adulti: il mito del sesso, comportamenti machisti e ingenuamente romantici. Così Joseph gioca a fare Belmondo/Poiccard e si sente grande. Ragazzi e adulti ruotano intorno a un amore mai pienamente risolto, spesso mettendo in crisi i confini fra le due età e assumendo comuni comportamenti egoisti: Abel, geloso del figlio (non suo), sembra aderire alla rivoluzione ecologica per riconquistare la moglie. Lo stesso Joseph accusa i genitori di non pensare a lui e dichiara di voler salvare il pianeta per realizzarsi, per essere un buon padre. Solo Marianne sembra avere la capacità di immedesimarsi nell’altro, anche se il suo viaggio turistico in Africa per quanto carico di ottimismo è, forse, sterile.

A cosa servono i furti di Joseph e dei suoi amici? Per creare un mare nel deserto del Sahara e salvare il pianeta. Il film non racconta la storia del progetto, che merita attenzione. Il “mare del Sahara”, forse non irrealizzabile, è un’idea vecchia di quasi due secoli che affonda le radici in età coloniale: serviva per far rendere di più l’economia delle colonie e ispirò Jules Verne per il suo ultimo romanzo L’invasione del mare (1905). Certo, oggi il progetto ha abbandonato gli intenti originari. Nel film, dice Joseph, l’idea è stata proposta dalla “sezione africana” della loro organizzazione.

Ma che sguardo getta Garrel sull’Africa? Un modellino luminoso nel Bois de Boulogne attraverso la soggettiva di un drone e una cavalcata turistica nel deserto? Forse questo è il punto più problematico ed anche interessante de La crociata che non mette a fuoco in modo chiaro il post-colonialismo di alcuni atteggiamenti, rendendo ambiguo, e irrisolto, anche un sorriso davanti al miraggio del mare nel deserto.

Il miraggio di un mare in cui dorme la tempesta, così si potrebbe descrivere La crociata, una favola, mai favolaccia alla D’Innocenzo e raramente favoletta, in cui tutto è sul punto di esplodere. Ma Garrel e Carrière disinnescano l’ordigno: basta indicarlo con ironia anche se a tratti indulgente. Davanti alla cecità dei genitori la minaccia di uno sterminio degli adulti (genitori), lanciata dai ragazzi (figli), rimane volutamente sospesa, non approfondita. Ottimo per il film che s’illumina di questa violenza accarezzata e risulta vivace, godibile, divertente con la macchina da presa che ora si muove frenetica da un volto all’altro e trema dietro Abel in una Parigi senz’aria ora si ferma ad abbracciare la tensione.

Purtroppo, il pianeta non si salverà costruendo modellini nei parchi, né, tantomeno, con un tour a dorso di cammello fra le dune del deserto. Paradossalmente (o volutamente?) il gesto più concreto del film (e, sia chiaro, solo del film) lo fa il soldato più scettico di questa crociata, Abel, comprando sacchetti per la differenziata e lampadine a basso consumo. Speriamo che la favola ecologica di Garrel e Carrière risvegli le coscienze. Ne avremmo bisogno.