Matthew, Nicole e Dane sono amici da una vita. Ora che Nicole è in un letto e sta dicendo a Matthew che occorre rivelare alle figlie che sta morendo, c'è Dane fuori sul patio a badar loro. Poi le immagini tornano indietro, a rivivere gli inizi eccitanti della storia fra Nicole e Matthew, l'incontro di lei con Dane e l'iniziale gelosia immotivata di lui, il diventare tutti e tre compagni inseparabili e di mutuo sostegno l'uno per l'altro nelle mille evenienze della vita. E infine arriva il cancro di Nicole, il rimorso di Matthew per il troppo tempo passato fuori casa a inseguire una carriera, e l'affetto incondizionato di Dane che decide di stabilirsi a casa loro nel momento del bisogno.
Tratto da un articolo autobiografico del giornalista Matthew Teague, pubblicato su Esquire nel 2015, L'amico del cuore tratta il tema ad alto tasso drammatico della malattia letale con piglio minimalista alla Kenneth Lonergan, evitando retorica e facili pietismi, e confidando nelle sfumate interpretazioni di Casey Affleck, Dakota Johnson e Jason Siegel. La sceneggiatura di Brad Ingelsby non si affanna sul tema della morte ma tenta piuttosto di restituire con piccole pennellate il senso (positivo) della vita e degli affetti: gli riescono bene la costruzione dei personaggi, in particolare della volitiva Nicole, tutt'altro che solo una vittima sacrificale sull'altare della narrazione, e la restituzione di certi momenti di quieta disperazione dell'esistenza, con la sottotrama di Dane nel deserto come parte migliore dell'intero film; meno bene una resa inedita dell'ineluttabile finale.
Tutto intento a rimarcare la propria personalità fuori dal mainstream utilizzando Sitting Still dei R.E.M. per accompagnare un viaggio in auto di notte nel 1983, fra le infinite possibilità nella discografia del decennio, L'amico del cuore ne viene fuori però alla fine come più hipster che realmente underground. Gabriela Cowperthwaite, documentarista di lunga esperienza, dirige una storia basata su eventi reali, come già per il suo primo film di finzione Megan Leavey, e fa tutto proprio come andrebbe fatto: utilizzare Casey Affleck in un ruolo praticamente identico a quello per cui ha vinto l'Oscar in Manchester by the Sea, e amalgamare con sapienza l'immediatezza di molta camera a mano sugli attori con la stilizzazione di bellissime immagini dall'alto a cogliere la natura geometrica e perfetta del tutto. Nulla da eccepire sui singoli elementi, senza dubbio, ma senza qualche tentativo di reinvenzione personale l'insieme finisce per risultare qualcosa di meno della somma delle singole parti.