Tra il 1918 e il 1919 uscivano in Italia una serie in episodi sui Sette peccati capitali su ispirazione del romanzo ottocentesco di Eugène Sue. Sebbene gli episodi fossero diretti da registi diversi, escludendo Bencivenga che girò i capitoli dedicati all’accidia e alla lussuria, e il cast variasse generalmente di volta in volta, la continuità era garantita dalla presenza di Francesca Bertini nel ruolo della protagonista. In quegli anni il successo dei grandi diva-film arrivò fino alla neonata Repubblica Cecoslovacca, che ricevette la serie completa in due versioni: una con didascalie in ceco una seconda in tedesco per le minoranze locali. Negli anni quaranta entrambe le versioni vennero acquisite dalla Cineteca di Praga. Durante il Cinema Ritrovato 2018 è stato presentato L’avarizia, diretto e interpretato da Gustavo Serena, nella sua versione restaurata dal Narodni Filmovy Archiv negli anni ’90.
La vicenda narra della storia d’amore tra Maria Lorini (la Bertini) e il giovane Luigi Bianchi (Gustavo Serena). Entrambi vivono a stretto contatto con l’avarizia: lei ha una zia malata che nonostante stia sempre a letto si fa consegnare tutti gli averi che la ragazza guadagna come sarta; il padre di lui ha messo da parte una fortuna come usuraio ma nasconde i proventi di questo sporco guadagno fingendosi povero. Quando il padre di Luigi scopre la loro relazione si mette d’accordo con il Conte Poretti, che desidera la ragazza, per farli allontanare. Con una messa in scena fanno credere a Luigi che Maria lo tradisca. Da qui inizia una parabola discendente per la ragazza che arriverà a commettere un omicidio finendo in prigione. Fortunatamente la divina provvidenza non abbandonerà i due giovani innamorati...
Prima di Greed di Von Stroheim (1924) il cinema italiano aveva già analizzato le conseguenze nefaste a cui poteva portare l’avarizia e la sfrenata voglia di denaro. Qui a farne le spese sono due giovani, costretti a grandi sacrifici e privazioni per alimentare le fama dei loro taccagni parenti. Nella migliori delle tradizioni italiane è la protagonista femminile a subire le conseguenze peggiori dovendo subire prima la fame, poi un ingiusto ripudio, un tentativo di violenza e l’omicidio. Tutte queste cose distruggeranno l’animo di Maria che, uscita di prigione, si troverà a frequentare locali poco raccomandabili, forse vendendo il proprio corpo e bevendo e fumando come poco era conveniente per una buona donna dell’epoca. Più Maria scende nella voragine della desolazione, più la Bertini accentua la sua gestualità che nel finale raggiunge il suo apice di teatralità che coincide con il climax della vicenda.
L’avarizia è un ottimo esempio di melodramma del cinema muto italiano, grazie a un’attenta dosatura dei vari elementi narrativi e una tendenza ad evitare gli eccessi che a volte troviamo in questo genere di film.