Il Cinema Ritrovato è piacere della riscoperta filmica, della visione del film in pellicola, del restauro colorimetrico. È anche riscoperta dell’esperienza cinematografica tout-court, di cui l’elemento musicale è parte fondamentale. La serata in Piazza Maggiore che ha visto protagonisti Rosita ed Entr’acte ne è un fulgido esempio, non soltanto perché i suddetti film sono stati fruiti nelle versioni restaurate, ma perché l’accompagnamento musicale dal vivo ha restituito agli spettatori anche la “colonna sonora” originale delle due opere.

Il caposaldo del cinema dadaista firmato da René Clair nel 1924 è stato proiettato in una versione differente da quella comunemente nota (rieditata dallo stesso Clair nel 1967): il restauro a partire dal negativo originale ha permesso di riammirare scene come quella con la scimmia del ballerino Jean Börlin o lo schiaffo finale, restituendo pertanto agli spettatori la versione originale completa del film. Per ricreare il tessuto musicale adatto alla sonorizzazione dell’opera, il Maestro Daniele Furlati si è servito della partitura orchestrale originale di Erik Satie, che contiene numerose indicazioni autografe a matita rossa che non sono inserite nell’edizione a stampa edita da Salabert abitualmente utilizzata per la sonorizzazione del film.

Bisogna ricordare che Entr’acte era stato pensato come intermezzo del balletto in due atti Relâche di Francis Picabia. La composizione di Erik Satie Cinéma. Entr’acte symponique pour le ballet “Relâche” comprende un’ouverture, la “projectionette” (un minuto di musica circa) e la parte canonicamente associata al film Entr’acte. Il lavoro di ri-sincronizzazione operato da Furlati per l’esecuzione al pianoforte solo è dunque un’operazione filologica che sintetizza la versione a stampa e il manoscritto, la versione pianistica e la partitura orchestrale, aggiungendo, per una sincronizzazione funzionale alle immagini della parte iniziale, un rimontaggio della “projectionette” e di parte dell’ouverture nei momenti in cui Satie e Picabia saltano al ralenti vicino al cannone. Questa accoppiata – che Furlati definisce “leziosa” – tra la musica vivace di Relâche e le immagini del caricamento del cannone (che esprimono un concetto assai duro e violento) è un esempio di quel tono dissacrante e finalizzato allo scandalo che, proprio della poetica dada, si respira anche in Entr’acte. Basti pensare che parte di questa musica nasce dalla deformazione accelerata della marcia funebre di Fryderyk Chopin (Sonata n. 2 opera 35), inserita proprio allo scopo di far ridere durante la visione di un corteo funebre.

Cinéma è l’ultima composizione di Satie. In essa c’è un uso “minimalista” della musica, con uno schema ripetuto molte volte (si veda la scena all’interno del corteo in cui i personaggi girano in tondo, accompagnata da un giro di note che si ripete) che − come dichiara Furlati − “rappresenta una grammatica nuova nell’ambito della musica per film, che sarà seguita poi da altri compositori (Hermann per Hitchcock, Nyman per Greenaway, etc.)”. Anche per questo Cinéma è un ulteriore, notevole lascito di Satie.

Altrettanto filologica è stata la ricostruzione della musica di Rosita (Ernst Lubitsch, 1923) ad opera di Gillian Anderson. Dato che la partitura originale composta per il film da Louis F. Gottschalk è perduta, la musicologa americana è riuscita a ritrovare i 45 brani (sempre di Gottschalk) elencati  in un cue sheet (lista dei brani musicali con indicazione della scena nel film) che su tale partitura si basavano e a ricostruire −anche grazie ad appunti dello stesso Lubitsch − un accompagnamento musicale per orchestra che ha saputo affiancare la proiezione con variazioni di tempi e di mood perfettamente coerenti con ciò che stava accadendo sullo schermo.

La storia di Rosita (cantante di strada corteggiata dal re di Spagna ma innamorata di un aristocratico condannato a morte per averla difesa) si snoda attraverso momenti di dramma intenso (le condanne a morte) e di risate liberatorie (il re che, ammaliato dalla protagonista, si fa pubblicamente canzonare da Rosita), mentre la musica mescola temi cantabili a struggenti melodie, ritmi di ballo della tradizione spagnola a composizioni più centro-europee, adattandosi di volta in volta alla progressione drammatica del film.  Ne è un esempio la perfetta sintonia tra le scene di frenesia carnevalesca e la frenetica musica che le accompagna. Essendo assai probabile che Lubitsch, provetto pianista, abbia supervisionato sia la partitura originale sia il cue sheet da cui è partita Anderson, non c’è stupore nel constatare che anche la musica (come la scelta delle magnifiche inquadrature, il montaggio o l’uso espressivo e narrativo della profondità di campo) contribuisca attivamente a trasmettere il famoso “Lubitsch touch”.