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“Matrimonio in quattro” e le sperimentazioni di Lubitsch

Se Matrimonio in quattro può sembrare una commedia tipica alla Lubitsch, essa è in realtà un punto di svolta per il regista, che dopo il trauma di Rosita era intenzionato a lasciare gli Stati Uniti. Fortunatamente la Warner gli offre la possibilità di girare un film in libertà e questo diventa un modo per cercare di sperimentare e adattare il proprio stile al suo nuovo pubblico.

“Il ventaglio di Lady Windermere” e la commedia delle cose non dette

Gli sguardi di sottecchi, le occhiatacce, il dettaglio di un orecchio spiato attraverso un binocolo, la visione attraverso una serratura di un elaborato ventaglio che giace sul divano, l’utilizzo di monocoli, lorgnette e finestre raccontano più di quanto non sia necessario fare con le parole e nelle didascalie. D’altronde è la prova della maestria di Lubitsch che affermava: “Un film è bello quando è misterioso, con cose non dette”.

“Lo scoiattolo” e il cinema d’avanguardia di Ernst Lubitsch

A distanza di cento anni dall’uscita del film il giudizio degli spettatori si è completamente ribaltato. Ora non è più un fiasco clamoroso e le persone si mettono in fila per vederlo e soprattutto rivederlo, essendo stato restaurato dalla fondazione Murnau e pubblicato in Dvd qualche anno fa. L’antimilitarismo di Lubitsch e la sua audacia nella tecnica e nella raffigurazione del ruolo femminile sono incredibili. Il suo abuso ironico dei mascherini (merlettati, ondulati, geometrici, ovali, e così via) per incominciare alcuni sketch e i volti dei personaggi hanno tutt’ora un fascino a dir poco magnetico. Lubitsch e la sua troupe costruiscono un’opera all’avanguardia per i tempi, e che certamente rimane tra le pellicole più significative della storia del cinema.

L’età aurea della sophisticated comedy. “Il ventaglio di Lady Windermere” di Ernst Lubitsch

Parlando di Luci della città, si diceva di come Charlie Chaplin riuscisse a comunicare le emozioni con la sola forza delle immagini. Lubitsch è innegabilmente lontano dallo stile di Chaplin, eppure si percepisce a pelle una simile concezione dell’immagine come potere espressivo, che si traduce nei primi piani sui personaggi e nei dettagli, a cui il regista presta sempre un’attenzione certosina: l’uso delle didascalie è ridotto, e a parlare, come sua abitudine, sono innanzitutto le immagini. Il cinema di Lubitsch è marcatamente estetico, è una gioia per gli occhi, è una bellezza trascendente riconducibile a quello che certi filosofi chiamavano “il bello in sé”.

“Anna Bolena” di Ernst Lubitsch al Cinema Ritrovato 2020

Anna Bolena è una donna che bene o male è entrata nell’immaginario di tutti, sia per essere, in parte, responsabile dello scisma anglicano sia per la sua tragica fine. Nel 1920 Ernst Lubitsch decide di dedicarsi a un dramma in costume a lei dedicato lasciando da parte le commedie che lo avevano reso celebre. Inutile dire che dei momenti comici sono comunque presenti nel film, in particolare legati alla figura di Enrico VIII, interpretato da uno splendido Emil Jannings. In questa versione romanzata, troviamo una Anna Bolena (Henny Porten) che lotta tra il desiderio di ottenere la corona inglese e il suo amore per Sir Norris. La storia la conosciamo, Anna sceglierà il regno ma alla fine perderà i favori del Re e anche la testa.

Il 1918 di Chaplin e Lubitsch al Cinema Ritrovato 2018

Der Fall Rosentopf e Shoulder Arms (o Charlot Soldato), due film coevi, prodotti nel 1918, diretti e interpretati uno da Ernst Lubitsch e l’altro da Charles Chaplin; non è forse un caso che siano stati inseriti nella stessa programmazione e nella sezione “Cento anni fa: 1918 – Ritrovati e Restaurati”: entrambi hanno in comune più di quanto si possa credere. Innanzitutto fanno ridere. Tanto. E c’è anche da dire che è la fine della Grande Guerra. Tant’è che, nonostante questo “piccolo” particolare, Lubitsch e Chaplin scelgono di continuare a lavorare sulle produzioni comiche. Lubitsch serve l’antipasto di quel che sarà il suo Lubitsch touch poco tempo dopo: il suo investigatore Sally è già deliziosamente irriverente.

“Rosita” e il Lubitsch touch

Secondo Scott Eyeman, biografo di Lubitsch, Rosita è “uno dei film muti fisicamente più belli” in cui si può vedere chiaramente l’affiorare di quello che è stato definito dalla critica il “Lubitisch touch”: ovvero la capacità di dipingere scene tali da non avere bisogno di spiegazioni ulteriori, di evocare emozioni e atmosfere per mezzo di luci, composizioni e montaggio, di mettere in scena gesti che riassumono l’intera fisionomia di un personaggio, in poche parole di arrivare in modo pregnante allo spettatore per mezzo del solo linguaggio cinematografico non verbale. Come scrive Guido Fink, “nel cinema di Lubitsch il non detto, il silenzio, il non visto, contano quanto le parole e le immagini”.

Le musiche originali di “Entr’acte” e “Rosita”

Il Cinema Ritrovato è piacere della riscoperta filmica, della visione del film in pellicola, del restauro colorimetrico. È anche riscoperta dell’esperienza cinematografica tout-court, di cui l’elemento musicale è parte fondamentale. La serata in Piazza Maggiore che ha visto protagonisti Rosita ed Entr’acte ne è un fulgido esempio, non soltanto perché i suddetti film sono stati fruiti nelle versioni restaurate, ma perché l’accompagnamento musicale dal vivo ha restituito agli spettatori anche la “colonna sonora” originale delle due opere.

“Rosita” di Ernst Lubitsch al Cinema Ritrovato 2018

Il primo film americano di Lubitsch nacque dall’incontro con la grande diva del cinema muto Mary Pickford, che volle fortemente lavorare con l’autore viennese. Lubitsch veniva da diversi film in costume, così la Pickford gli fece una proposta iniziale che il regista rifiutò fermamente. La controproposta fu quella di interpretare Margherita in una versione del Faust, ma il parere negativo della madre, che non accettò di vedere la figlia impersonare un ruolo del genere, dirottò tutti verso Rosita, adattato dalla commedia Don César de Bazan di Adolphe D’Ennery Philippe François Pinel.

Venezia Classici 2017: “Rosita”

Straordinaria serata di pre-apertura della 74a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia con la prima proiezione mondiale di Rosita di Ernst Lubitsch nella nuova copia digitale restaurata in 4K dal MoMA di New York con la collaborazione di The Film Foundation.

L’arte del mentire. “Prima pagina” e il concetto di replica

Tratto da una commedia di Ben Hecht e Charles MacArthur, Prima pagina è il remake di due film, The Front Page (1931) di Lewis Milestone e La signora del venerdì (1940) di Howard Hawks, ed è apparentemente fondato sul concetto di replica: ennesima coppia maschile e secondo incontro wilderiano tra Jack Lemmon e Walter Matthau, rievocazione della Chicago del ’29, altra variante sul giornalismo dopo L’asso nella manica. Ma soprattutto un altro racconto sulla paura della morte da risolvere in un gioco tra realtà e finzione ove Wilder rende definitivamente il tributo al maestro: come accade in Vogliamo vivere!, si celebra l’arte del mentire ai danni del potere.

Cinema Ritrovato 2017: “Mancia competente”

Le commedie di Ernst Lubitsch sono da sempre considerate le più sofisticate e raffinate di quel periodo d’oro che sono stati gli anni ’30 per il genere. Raffinatezza, intelligenza e originalità sono sempre state prerogative del suo cinema, a partire dai primi film muti girati in Germania, giungendo alla consacrazione americana.