Il professore, interpretato dal noto poeta Giorgio Bassani, racconta la storia delle tre modiste: così le chiama il lattaio di Via Santa Croce dove loro si recano abitualmente, per la colazione o per ritrovarsi nei giorni di pioggia, quando gli è impossibile riunirsi, nel solito posto, sui gradini di Piazza di Spagna.

Luciano Emmer decide di raffigurare la vita e gli intrecci amorosi di Marina, Elena e Lucia. Tre modeste ragazze, provenienti da famiglie povere e da diverse zone periferiche di Roma. Marina (Lucia Bosè) vive con la numerosa famiglia alla Garbatella, ha un promesso sposo con cui spesso litiga e una madre che, nonostante quello che il padre (uomo tipicamente maschilista e iroso) racconta, dà ordini a tutti i suoi familiari. Elena vive con la madre vedova e, dopo un rapporto amoroso travagliato, incontra un giovane tassista romano (Marcello Mastroianni) innamoratissimo di lei. Lucia, la più spigliata, dopo aver frequentato numerosi corteggiatori, capisce di aver sempre optato per quello sbagliato. Lo scopo, che le tre ragazze hanno in comune, è unicamente quello di sposarsi.

Emmer, che predilige operare per intrecci narrativi che mescolino fra loro diverse vicende, in Le ragazze di Piazza di Spagna si impegna nell’inserire quanti più dati possibili sulle condizioni di vita, sulle disponibilità economiche e sulle attese che i personaggi di questo film vivono. Rispecchia così anche quella che era la società italiana negli anni cinquanta e le sue durissime condizioni economiche. Nelle case popolari non c’erano i servizi igienici e molti faticavano ad avere luce, gas e acqua. Il lavoro era pagato una miseria, il latte, il pane e il vino sono sostanziali e sempre presenti: così come i fagioli con le cotiche che la mamma di Lucia cucina per i numerosi figli, il marito e gli stallieri.

Luciano Emmer ritrae i disagi, le timidezze, le preoccupazioni e le privazioni che il popolo Italia affrontava. Lo fa però con lievi accenni e molta ironia, senza quindi tediare lo spettatore dell’epoca. L’alleggerimento che Emmer attua è frutto di una non eccessiva focalizzazione sugli aspetti più tragici. Egli infatti pare far fluttuare la macchina da presa ritraendo, con uno sguardo amorevole e incantato, sia Piazza di Spagna sia le zone periferiche di Roma: misere e disagiate, ma pur sempre animate e gioiose.

I personaggi della sceneggiatura, di Sergio Amidei e Fausto Tozzi, trovano infatti la voglia di danzare e cantare, e ciò è narrato con aria bonaria dalla voce fuori campo: messa lì solo per rassicurare e assicurare allo spettatore il lieto fine. Attraverso Marina, personaggio che forse, più delle sue amiche, subisce nell’arco narrativo una mutazione della sua persona, è possibile vedere quanto la poetica di Emmer, nonostante le critiche che ricevette, ha la capacità di riflettere e raffigurare la società italiana a cui si riferiva.