Partire da ciò che si conosce, spesso, può essere la strada più giusta da percorrere. É il caso di Lady Bird il film d’esordio alla regia di Greta Gerwig, che tende a raccontare alcuni aspetti della sua biografia. Una ragazzina caparbia, in piena crisi adolescenziale, ha deciso che la vita di periferia non fa per lei. Lady Bird (Saoirse Ronan), come ha deciso di ribattezzarsi, vuole ottenere una borsa di studio per una qualunque università purché sia molto lontana da Sacramento e che si trovi in una vera metropoli. Vuole lasciarsi alla spalle la scuola cattolica, a cui è iscritta, ed allontanarsi dal quartiere e dalla casa che - nell’idea originaria dei genitori - non avrebbe dovuto essere una soluzione permanente.

Lady Bird ha un rapporto conflittuale sia con i membri della sua famiglia, ad eccezione del padre, sia con i suoi coetanei, ma anche con altre figure più autorevoli: le suore e i professori. Nonostante l’atteggiamento apparentemente sfrontato e sicuro, non ha una personalità ben delineata: tende infatti a mutare gusti e carattere in base al ragazzo di turno ed alle conseguenti frequentazioni. Se prima vive la tipica storia d’amore, perfetta sotto quasi tutti i punti di vista, con Danny (Lucas Hedges) Lady Bird cambia totalmente quando inizia a frequentare Kyle (Timothée Chalamet): il solito bello e dannato, musicista e dall’atteggiamento intellettualoide. Impulsiva, ma profonda osservatrice - più di quanto possa immaginare - Lady Bird sembra perdersi nella ricerca di un nuovo capitolo per la sua vita: buttandosi, come da un’auto in corsa, in molteplici esperienze.

È estremamente comprensibile il motivo dell’accoglienza così calorosa verso questo film, che è apparentemente semplice e lineare. La Gerwig ha infatti creato una tela su cui disporre tematiche come l’aborto, l’omosessualità, la religione, il suicidio, e le ha abilmente intrecciate. Ha realizzato così un film che, al primo impatto, sembra narrare solo di un’adolescente e del suo rapporto controverso con la madre, ma che successivamente, se sottoposto ad uno sguardo più vigile, si fa rivelatore di altre tesi. Questioni che non vengono né approfondite, né  drammatizzate, ma che propio per questo accadono come se non potessero far altro: sono un tutt’uno con la fabula e con la sua concretezza visiva.

Lady Bird è ambientato nel 2002, ma la protagonista veste e si atteggia come se avesse vissuto a cavallo tra gli anni 60 e 70: magari veramente non sapendo neanche chi è Jim Morrison. Ciò che è importante non è, a quel punto, imitare qualche icona del passato o qualche modella contemporanea, ma è -  utopisticamente - capire sé stessi e cosa si vuole veramente dalla vita. Greta Gerwig va quindi incontro a molteplici realtà e contemporaneamente le fa scontrare tra loro. Sostiene la libera opinione e il dibattito, ma si schiera contro pregiudizi e luoghi comuni.

Lady Bird è sorretto da quell’ironia che, l’autrice, ha sicuramente ereditato dalla sua esperienza con Wes Anderson. La Gerwig ha così costruito un personaggio eroico e tendenzialmente apatico, che trova sempre la forza di rialzarsi dopo le delusioni della vita. Una forza che le viene sicuramente dalla sua coscienza, ma solo quando abbatte il muro o tenta di spiccare il volo riesce a rivelarsi nella sua forma più puramente familiare.