Colorato, visivamente affascinate e ancor oggi capace di catturare l’occhio – e il cuore – dello spettatore, Les Parapluies de Cherbourg è una commistione perfetta tra realismo e cinematiche illusioni che prendono corpo davanti alla macchina da presa di Jacques Demy, “cantore dei destini incrociati, degli amori perduti, del caso che condiziona l’esistenza umana, di una sessualità ambigua e ambivalente, dei conflitti di classe che determinano le relazioni fra gli uomini, dell’impossibilità di essere felici, della ricerca inesausta di un mondo di bellezza e di armonia”, per riprendere le puntuali parole di Flavio Vergerio.
Considerato il capostipite dei film musicali francesi, Les Parapluies de Cherbourg esce nelle sale nel 1964 lanciando la giovanissima Catherine Deneuve a livello internazionale, vincendo la Palma d’Oro al Festival di Cannes e guadagnando numerose nomination agli Oscar. Malgrado la presenza di Nino Castelnuovo, in Italia il film passa praticamente inosservato; complici l’ovvia barriera linguistica e la nota idiosincrasia del pubblico nostrano per il genere musicale.
Pur trattandosi di un’opera profondamente distante dagli stilemi del musical americano, Demy riprende alcuni stilemi del genere (basti pensare alla scenografie e all’uso del colore che ricordano i film di Vincente Minnelli e Stanley Donen), mettendo a punto una sceneggiatura in cui realismo e sogni creano un binomio inedito ed emozionante. Suddiviso in tre atti, il film è contraddistinto da una struttura narrativa del tutto simile al melodramma operistico con dialoghi recitativi e cantati in un fluire continuo che restituisce un pathos ancor più amplificato.
In Les Parapluies de Cherbourg seguiamo infatti le vicende di una giovane coppia, Geneviève (Catherine Deneuve) e Guy (Nino Castelnuovo) sullo sfondo della cittadina di Cherbourg in un arco di tempo compreso tra il 1957 e il 1963; i due si amano, ma lui è costretto a partire in Algeria per il servizio militare. Quando la ragazza scopre di essere incinta e inizia a non ricevere più notizie dell’amato, sceglierà, a malincuore, la mano di un altro uomo.
Un intreccio semplice, ma ancor oggi capace di raccontare quel conflitto tra realtà e illusione che, dopotutto, è proprio del cinema stesso. In questo senso la colonna sonora messa a punto da Michel Legrand (autore anche delle partiture per Questa è la mia vita e Cléo dalle 5 alle 7) è il perfetto connubio tra la perdita dell’illusione e l’illusione stessa, come suggerisce il tema principale del film, Je ne pourrai jamais vivre sans toi, successivamente suonata da numerosi jazzisti e tradotta anche in inglese come I Will Wait for You.
Pur se distante della retorica degli studios hollywoodiani, Les Parapluies de Cherbourg, incarna un’idea di musical straordinariamente autentica, ma soprattutto capace di affascinare grazie al potenziale di cui si fa portatrice: un sentimento filmico universale, senza tempo. Basti pensare che, appena un anno fa, Damien Chazelle conquistava le platee di mezzo mondo con La La Land, un’altra storia che parla di sogni e illusioni. Ma soprattutto di cinema.