Il trauma della Seconda Guerra Mondiale ha avuto una lunga eco nella produzione culturale tedesca. Prima che venisse sostituito dal trauma della Guerra Fredda, il secondo conflitto mondiale e la Shoah sono stati al centro della cosiddetta Erinnerungskultur, la cultura della memoria, che attraverso letteratura e cinema ha rielaborato il momento più buio della storia del Novecento.
Se le opere prodotte dall’Erinnerungskultur hanno goduto di riconoscimento e analisi internazionali, meno discusso è stato l’Heimatfilm: più che raccontare gli anni del conflitto, questo genere ha spesso affrontato storie che si interrogavano sulle conseguenze sulla società e sugli ideali dei tedeschi. Ben lontani dal rappresentare una decisa critica sociale, i numerosi Heimatfilm che si concentrano nella Germania Ovest nel dopoguerra trovano nel recupero di una vita semplice e umile una possibile soluzione allo smarrimento del paese. Da qui la frequente ambientazione in montagna, nelle malghe, a contatto con una natura incontaminata.
Nel 1949 escono due Heimatfilm per molti versi affini. Il primo è Die seltsame Geschichte des Brandner Kaspar di Josef von Báky, tratto da una storia molto nota in area bavarese, soprattutto grazie al racconto in dialetto di Franz von Kobell. In realtà quella di Brandner Kaspar è una storia nota in tutto il mondo, raccontata nel corso della storia in molti modi diversi, quella dell’incontro con la morte in persona.
Il secondo film è Caino! (in originale Bergkristall) primo lungometraggio di Harald Reinl, che si era formato sui set lavorando come assistente di Leni Riefenstahl. Caino! è a sua volta l’adattamento di un testo preesistente, un romanzo di Adalbert Stifter, autore molto discusso all’epoca in quanto considerato estremamente reazionario e bigotto. I due film hanno innanzitutto in comune la commistione tra l’elemento fiabesco e onirico e il racconto della quotidianità degli abitanti della montagna.
Se Die seltsame Geschichte racconta l’incontro tra Brandner Kaspar e la morte, Caino! ha al centro la storia di un uomo che perde la fede in Dio e la ritrova solo grazie ad una sorta di miracolo natalizio che lo scagiona dalle accuse di omicidio. Sono entrambe storie che recuperano una dimensione fantastica per raccontare qualcosa di ben più reale, il malessere del popolo tedesco, ferito dalla guerra e ormai diviso.
In linea con le caratteristiche dell’Heimatfilm, però, a dominare è principalmente il tono leggero e solare. In Die seltsame Geschichte il registro comico riguarda principalmente il personaggio di Brandner Kaspar, interpretato da Carl Wery, attore tedesco molto popolare nel secondo dopoguerra, che lavorerà anche in Italia con Luigi Comencini, Giorgio Bianchi e Steno. Il suo è un personaggio sfacciato, ironico e astuto, a tal punto da riuscire a convincere la morte a concedergli vent’anni di vita in più. Dal paradiso, però, San Pietro si accorge del tranello e alla fine Kaspar sarà costretto ad accettare la fine prevista per lui.
Atmosfere gotiche si intrecciano con sottotrame melodrammatiche e momenti umoristici, che mettono al centro la comunità in cui vive Kaspar. La comunità è un soggetto centrale in questi film: anche in Caino! tutto ruota attorno alla convivenza tra persone che dipendono le une dalle altre. Lontani dalle grandi città o dai campi di battaglia, questi film sembrano ricreare luoghi in cui a prevalere è la solidarietà e la convivenza, contrapposti all’individualismo e al sopruso che avevano caratterizzato la guerra.
La vitalità e l’inventiva di Die selstame Geschichte non si ritrovano però in Caino!, visivamente ispirato quando mostra le ambientazioni innevate del Tirolo, molto meno d’impatto quando racconta la vita dei protagonisti. La perdita della fede del protagonista è raccontata con eccessivo didascalismo e non consente un’identificazione da parte di chi guarda; allo stesso modo, il momento in cui le accuse nei suoi confronti decadono, la definitiva risoluzione della vicenda, non ha il peso emotivo che ci si aspetterebbe. Ma la colpa maggiore di Caino! è probabilmente quella di non riuscire effettivamente a comunicare cosa rappresenti la fede all’interno di quella comunità, tanto che il percorso interiore del protagonista appare incompleto.
Pur con le loro differenze, però, entrambi i film mettono in scena allegoricamente la risposta del popolo tedesco al trauma della guerra. Il percorso di formazione che compie Brandner Kaspar è il percorso della Germania intera: l’accettazione del proprio destino diventa l’accettazione da parte del popolo tedesco di quella che è la sua nuova inevitabile condizione, quella di un popolo diviso, condizione con cui fare i conti per provare a ritrovare la propria stabilità. In Caino!, invece, il recupero della fede appare un invito ai tedeschi – e al genere umano intero – a non perdere più di vista la propria umanità come avvenuto sotto il nazismo.