C’era una volta a... Hollywood Licorice Pizza, catena di negozi di dischi della California del sud. E c’è oggi Paul Thomas Anderson, che festeggia il suo cinquantesimo compleanno dirigendo Licorice Pizza per tornare a tempi, luoghi e atmosfere della sua adolescenza, lui nato proprio intorno ad Hollywood, rivedere le insegne di quei negozi di vinili e fare del più sentimentale dei suoi film una celebrazione degli anni ‘70 di quella California, in risposta all’elegia tarantiniana del 2019 come Bastardi senza gloria rispose a Il petroliere negli anni 2000.
Un po’ lui e un po’ l’amico regista Gary Goetzman, sui cui racconti di attore bambino si snoda la ricca sceneggiatura del film, anche scritto e co-fotografato da Anderson, il tenero Gary Valentine di Licorice Pizza ha quindici anni, fa il liceo e guarda al futuro con un sorriso fiducioso incorniciato in un viso brufoloso e paffuto, che non gli procura alcun complesso.
In fila per la foto dell’annuario scolastico sotto il sole californiano, vede, importuna e si innamora di Alana, filiforme giovane donna al lavoro sul set fotografico, e la invita a cena convinto, contro ogni logica, che lei accetterà. Ha ragione. Anche perché, quale altro quindicenne avrebbe simile innocente disinvoltura nel puntare una ragazza di tredici anni più grande di lui e ipnotizzarla in un flirt gentile che estrania entrambi dalla realtà circostante, comunque splendida e favorevole?
Onestamente impossibile mettere in fila la sequenza di aneddoti dell’improbabile giustissima storia fra Gary e Alana che da quella cena ha inizio, fra schermaglie, giochi, imprese e reciproci dispetti che la scandiscono. Volontà di Anderson è farci perdere la cognizione del tempo nella corsa l’uno verso l’altro e di entrambi verso l’orizzonte dei due ragazzi, diverse generazioni in un’epoca essa stessa mitica e senza tempo.
Ma possibile individuarne il culmine nella bellissima Let Me Roll It di Paul McCartney che commenta il romantico sfiorarsi delle loro mani, distesi su un letto ad acqua, con Gary incredulo ed emozionato, alla faccia di ogni scontata malizia che vorrebbe una tardo-ventenne iniziare a ben più erotici atti un adolescente. Ma c’è lo Spielberg di E.T. a ispirare la mano di Anderson, fra furgoni, moto e Ferrari che prendono il posto di biciclette volanti -ne resta in realtà una, quella del fratellino di Gary-, e sorprendenti attività imprenditoriali che sostituiscono l’incontro ravvicinato fra umani ed extraterrestri.
Catapultati nel mondo bizzarro di Hollywood, dei suoi ristoranti e delle sue star, Gary e Alana vivono un’epoca in cui i problemi hanno una soluzione, per lo più divertente e incoraggiante, e la necessità diventa facilmente virtù. Se Gary non ha problemi a chiamare “Sederi inzuppati” la sua attività di materassi ad acqua, a cavallo fra coraggio da adulto e infantile sacrosanta propensione al divertimento fine a sé, Alana ce la mette tutta a riportare lui e lei alla realtà, salvare al bisogno il sedere di chi se l’è fatta letteralmente addosso, capire se uomini più maturi possano fare per lei, senza smettere di vivere il suo affetto materno in attesa che Gary cresca.