Chiara Francisconi
Il cinema è una “Black Bag”
La struttura circolare della serrata sceneggiatura di David Koepp lavora in funzione del prestigiatore Soderbergh, desideroso di estrarre dal cilindro della sua borsa nera un coniglio preciso: il numero due. Due per le coppie del film, su tutte George e la moglie, divina e sfuggente creatura, e per innumerevoli altre situazioni: Woodhouse con ognuno dei suoi colleghi, ricattato da alcuni e ricattatore lui a sua volta, la psichiatra dell’agenzia a colloquio con i suoi pazienti spie, le gemme di coppie clandestine, e così via.
“Dreams” nel labirinto del racconto
È un rilancio continuo di enunciazioni filmiche e verbali quello scelto dal regista norvegese Dag Johan Haugerud, fresco vincitore dell’Orso d’oro a Berlino, per il suo Dreams orchestrato su tre piani: il piano delle immagini, quello del racconto – o dei plurimi racconti – in voce over e quello mutevole del rapporto fra le prime e il secondo, commento ad esse o loro emanazione, a tratti forse mendace.